ANCONA – La pausa caffè si fa sempre più salata nelle Marche. La bevanda simbolo per eccellenza di socialità, a Macerata e Ascoli Piceno ha registrato i rincari maggiori rispetto al 2021. A metterlo in evidenza è una indagine condotta a livello nazionale da Assoutenti. Ad Ascoli Piceno il prezzo di una tazzina è cresciuto mediamente del +16%, mentre a Macerata del +13,5%, ma è qui che la tazzina è più cara, in base all’indagine dell’associazione dei consumatori.
Le due città marchigiane compaiono nella classifica stilata dall’associazione dei consumatori, che vede in testa Bolzano, dove per un caffè si spendono mediamente 1,34 euro con un rincaro del 13,6%, mentre la città più economica in Italia è Messina dove un caffè costa mediamente sotto un euro (0.95 euro).
A livello nazionale il costo di una tazzina ha subito un rincaro del +11,5%, arrivando a costare 1,16 euro. A Macerata la tazzina è arrivata a costare mediamente 1,18 euro, mentre nel 2021 il prezzo superava di poco un euro (1,04 euro). Ad Ascoli Piceno invece si passa da 1 euro del 2021 a 1,16 euro del 2023.
Ad Ancona non va sicuramente meglio, tutt’altro: il caffè ormai, eccetto rare eccezioni, si paga 1,20 euro a tazzina, mentre nella Riviera del Conero il prezzo lievita e raggiunge 1,30 euro. Da considerare poi che a questo prezzo spesso viene chiesta una aggiunta in caso di macchiatura con latte.
«L’inflazione incide sull’aumento dei costi energetici che per un periodo sono stati sotto controllo, invece adesso sono tornati ad aumentare – dice Andrea Cantori di Cna Ancona – la benzina è a quasi due euro al litro e il prezzo del gas è riaumentato. I maggiori costi di trasporto e produzione nel lungo periodo si riverberano inevitabilmente sui consumatori, diversamente i negozi non riuscirebbero a stare in piedi».
L’associazione delle Pmi rileva che, quello dei rincari, «è un fenomeno europeo e non solo italiano. In Inghilterra è in corso una morìa di pub a causa dell’aumento dell’energia elettrica. Si tratta di luoghi di aggregazione per eccellenza in quel Paese. Non si tratta di speculazione da parte dei locali, siamo nel pieno di una crisi inflattiva e le attività hanno bisogno di recuperare alcuni costi sostenuti per evitare la chiusura».