Macerata

Piste senza neve e impianti chiusi, operatori valutano lo stato d’emergenza. Cangiotti: «Perdite del 40-50% sull’incasso natalizio»

L'assenza di neve e le temperature elevate che non consentono l'innevamento artificiale mettono in crisi il comparto sciistico che valuta di arginare le perdite chiedendo un intervento al governo

Le piste senza neve a Frontignano

ANCONA – Temperature sopra le medie e piste senza neve sulle montagne marchigiane: gli impianti da sci pronti a ripartire dall’8 dicembre sono invece rimasti chiusi perché il manto nevoso non ha fatto la sua comparsa e sui pendii predomina il verde della vegetazione. Per gli operatori del comparto sci è una nuova mazzata dopo quella delle chiusure legate alla pandemia.

Francesco Cangiotti, amministratore di Funivie Bolognolaski che gestisce gli impianti di Pintura di Bolognola e di Frontignano di Ussita con le seggiovie del Saliere, i rifugi Saliere, fa notare «l’anno scorso che eravamo costretti a restare chiusi sulle piste c’erano due metri di neve, una stagione bellissima, adesso invece che possiamo stare aperti la neve non c’è».

Francesco Cangiotti

E le perdite si fanno sentire per il comparto. «Già così stiamo perdendo un 40-50% sull’incasso della stagione natalizia – spiega – un periodo per noi importante. Se anche il mese di gennaio dovesse concludersi senza la possibilità di poter riaprire gli impianti per la mancanza della neve, valutiamo di chiedere lo stato d’emergenza».

Al momento, infatti, è aperta solo la seggiovia di Frontignano, che resterà operativa tutti i giorni fino all’8 gennaio, per poi restare aperta tutti i weekend. «Gli impianti – spiega – hanno sostenuto costi importanti per preparare la stagione sciistica, tra assunzioni di personale e assicurazioni. Inoltre le temperature sopra le medie non consentono neanche l’innevamento».

Tra impianti e rifugi sono una ventina le persone assunte, senza contare i costi legati ai rincari sul prezzo dell’energia elettrica, una voce non di poco conto, in quanto la seggiovia aperta viene alimentata dall’elettricità così come i rifugi, riscaldati in parte con legna, in parte con elettricità e geotermia.

Una situazione fa notare Cangiotti che non riguarda solo le Marche, «ma tutto l’Appennino dall’Abetone al Gran Sasso, per questo come categoria stiamo pensando, se la situazione dovesse proseguire così, di chiedere interventi da parte del Governo, come successo con il Covid, per limitare le perdite del nostro settore. A fine stagione valuteremo lo stato d’emergenza».

«Fortunatamente nella sfortuna – conclude – le perdite collegate alla mancanza di neve sono state un po’ compensate dalle presenze nei rifugi e nei ristoranti che hanno lavorato bene. Segno che c’è voglia di venire in montagna e stare all’aria aperta per fare attività outdoor, ma questo non basta».