MACERATA – Fece firmare a un ultraottantenne affetto da grave demenza una procura speciale con cui la moglie donò tutti i beni di famiglia (per un valore complessivo di circa 500.000 euro) ai figli del figlio, escludendo di fatto la figlia senza che lei sapesse nulla. Notaio di 75 anni condannato a tre anni di reclusione per falsità ideologica.
È la pena inflitta ieri dal giudice del Tribunale di Macerata, Barbara Cortegiano, al professionista recanatese, condannato anche all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, al pagamento di una provvisionale di 5.000 euro e al risarcimento dei danni da quantificare in sede civile. La vicenda risale a febbraio del 2015 quando un ultraottantenne, ricoverato in ospedale, aveva firmato una procura speciale a donare in favore della moglie. La coppia ha due figli, un figlio che vive nel Maceratese e una figlia che vive fuori regione, due giorni dopo la firma della procura la coniuge donò ai figli del figlio tutti i beni di famiglia del valore complessivo di circa 500.000 euro tra terreno e case, escludendo di fatto la figlia. Passarono due settimane e l’anziano morì, alcune settimane dopo la figlia fu chiamata in banca per firmare dei documenti e in quell’occasione scoprì che tutti i beni di famiglia erano stati donati ai figli del fratello. A quel punto la donna si rivolse a un avvocato, Claudio Cardia del foro di Ravenna che presentò una denuncia all’autorità giudiziaria.
Dalla denuncia scaturì il processo a carico del notaio accusato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale, perché proprio in qualità di pubblico ufficiale, nell’atto di procura speciale a donare, rilevando falsamente di aver interpellato l’anziano e di avere ricevuto da lui la conferma di nominare quale procuratrice speciale la moglie, aveva attestato falsamente di avere indagato la volontà dell’anziano (dal momento che quest’ultimo era affetto da una grave demenza che lo rendeva incapace di intendere e di volere). La parte civile aveva prodotto anche due perizie, una psichiatrica che accertava l’assoluta incapacità di intendere e di volere dell’anziano, e una grafologica in cui risulterebbe che la firma sarebbe stata mano-guidata, ovvero ci sarebbe stato un accompagnamento della mano. Nel corso del processo era stata sentita come testimone anche la dottoressa che all’epoca era primario di geriatria: il medico aveva affermato che al momento del ricovero l’ultraottantenne era affetto da demenza grave, incapace di fare alcunché, non riusciva neppure a parlare e per tutti i trattamenti ai quali era stato sottoposto avevano richiesto il consenso informato espresso dai familiari. Ieri al termine della requisitoria il pubblico ministero Sabina Antognozzi ha chiesto la condanna dell’imputato.
«Aspettiamo di leggere le motivazioni – ha commentato l’avvocato della difesa Paolo Maggini -, sicuramente interporremo appello. Il consenso è stato legittimamente raccolto, l’uomo era perfettamente consapevole di firmare la procura alla moglie. Il mio assistito è un notaio che non ha mai avuto una condanna né in sede civile né in sede penale per illeciti connessi alla sua professione e che non ha mai avuto procedimenti disciplinari, oltretutto non si riesce a comprendere che interesse avrebbe avuto a compiere un’azione del genere».