Macerata

Caso Troiani a Civitanova, Micucci chiama in causa Costamagna che risponde: «Fu il centrosinistra a volermi sfiduciare»

Il capogruppo dem in Consiglio comunale ha mostrato sui social i cartelloni appesi dal centrodestra negli anni in cui Costamagna era il presidente del Consiglio comunale. Ma questi ribatte

CIVITANOVA MARCHE – Vicenda Troiani, Micucci chiama in causa Costamagna che risponde. Alcuni giorni fa, il capogruppo dem in Consiglio comunale Francesco Micucci ha mostrato sui social i cartelloni appesi dal centrodestra negli anni in cui Ivo Costamagna era il presidente del Consiglio comunale e la città era amministrata dal centrosinistra. Micucci nel suo post ha quindi ricordato la vicenda in cui Troiani chiedeva le dimissioni di Costamagna, allegando la foto dei manifesti.

L’antefatto

«L’allora presidente del Consiglio Comunale secondo loro non poteva continuare a svolgere il suo ruolo. Era stato lo stesso Troiani ad accusarlo di diffamazione e sempre Troiani ne chiedeva le dimissioni. Per inciso allora il presidente del Consiglio risultò innocente. Oggi lo stesso Troiani da presidente del Consiglio è già stato condannato in primo grado. E non per accuse che vengono dai suoi avversari politici, ma per diffamazione contro il presidente della Camera dei deputati. Ed ora è anche sotto indagine per presunte violenze su una donna. Ma in questo caso Troiani, Ciarapica e tutto il centrodestra non pensano affatto alle dimissioni. Per quale motivo? Perché vengono prima gli interessi personali di Troiani che quelli della città e del consiglio comunale? Due pesi e due misure, come sempre per Ciarapica!», aveva scritto il consigliere dem via Facebook.

La replica

Tuttavia Costamagna non accetta che il suo nome venga messo in mezzo alla questione e replica alle affermazioni dello stesso Micucci: «Intervengo malvolentieri – dice l’ex sindaco socialista -, soltanto perché chiamato in causa, nel dibattito interno a una politica locale che sembra aver smarrito non soltanto la “memoria” ma anche i presupposti basilari per una corretta amministrazione. Mi riferisco sia, ad esempio, al mantenimento degli impegni pubblicamente assunti e sia a quel minimo rispetto dei sentimenti più profondi delle persone che mai era venuto meno in passato neanche quando il confronto, politico ed amministrativo, era più aspro ma sempre basato sulle idee sa sulle cose concrete da fare nell’interesse della città. Se non si torna a costruire dalle fondamenta si “edificano” soltanto “castelli di sabbia” utili, tra l’altro spesso in maniera fittizia, soltanto agli interessi di parte o, peggio, personali».

Ivo Costamagna quando presiedeva il Consiglio comunale.

«In merito alla questione specifica sollevata da Francesco Micucci – aggiunge Costamagna – sulla richiesta delle mie dimissioni da presidente del consiglio comunale avanzata anni fa dall’allora minoranza (o da una parte della stessa) ripeto esattamente ciò che dissi quando proprio il consiglio affrontò, su mia iniziativa, la questione. Non potevo accettare quella richiesta perché era lesiva di un principio garantito dalla Costituzione: la presunzione di innocenza fino a prova definitiva del contrario. Non mi dimisi e, successivamente, venni assolto con la formula più ampia: “il fatto non sussiste”. In politica come nella vita ho imparato che non si costruisce nulla di buono con i risentimenti. Non la accettai allora per me e non sono d’accordo che oggi venga utilizzata contro l’attuale presidente del consiglio comunale, Fausto Troiani. Questo anche perché pur nella diversità delle idee, debbo riconoscere che Troiani non appartiene alla schiera degli pseudo politici pronti ad utilizzare due pesi e due misure… o anche tre!».

L’ex presidente dell’assise civitanovese ricorda infine la mozione di sfiducia che cinque consiglieri del centrosinistra, la coalizione dalla quale era risultato eletto lo stesso Costamagna, presentarono nel luglio del 2016 contro di lui. «Vorrei, infine, ricordare a Micucci che chi, quasi a fine mandato, presentò una mozione di sfiducia nei miei confronti furono invece alcuni consiglieri di maggioranza, il sindaco ed il Pd rimasero a guardare, “tollerarono”, in sostanza avallarono. Io – conclude – , spontaneamente, mi dimisi avvertendo che in quel modo non si colpiva il sottoscritto ma la coalizione riformista che aveva vinto le ultime elezioni comunali dopo 17 anni di opposizione. Quella coalizione è infatti deflagrata, le sue condizioni attuali sono sotto gli occhi di tutti dopo due consecutive sconfitte elettorali. Errare è umano, perseverare è diabolico».