CIVITANOVA MARCHE- A cena con i medici che l’hanno presa in cura, poi le parole d’affetto. Sincere, commosse, dense di umanità.
La storia
È la storia di Mattea Gottardo, pizzaiola civitanovese di origini pugliesi classe 1983, a cui nel 2010 le è stata diagnosticata la ‘Pannicolite cronicizzata e fascite con elefentiasi’, che l’ha costretta all’amputazione del braccio sinistro, il quale nel frattempo si era gonfiato raggiungendo dimensioni abnormi mentre i dolori le si erano acutizzati. Ma il male aveva deciso di perseguitarla, con la complicanza agli arti inferiori terminata in paraplegia. Gottardo però non ha mai perso il sorriso, la voglia di vivere, di lavorare. Continua sfornare pizze, anche con un braccio solo. Ed è fortemente legata a quegli operatori sanitari dell’ospedale di Civitanova che si sono presi cura di lei «con professionalità e grande umanità». Un legame, quello tra Mattea e il personale del nosocomio cittadino, culminato nella cena al ristorante ‘Locanda dei Cavalieri’, lo scorso 29 settembre, cui è seguito un commosso scambio epistolare.
Le dediche
«Ringrazio il dottor Riccardo Centurioni, è colui che è stato il primo a scoprire la mia maledetta malattia, il dottor Massimo Del Papa, sempre presente in ogni mio ricovero, le sempre presenti dottoresse Cristiana Verducci, Sara Bartola e Milena Mariabile, la primaria del reparto di medicina Maria Luisa Minnucci, sempre pronta ad aiutarmi, il dottor Daniele Mazzaferro e l’infermiere Bob che mi sopportano tutti i mesi. Ancora, l’infermiera Barbara Iacolina, sempre al mio fianco, l’amica della cucina Elide Mariani e la caposala Giacina Manfroni. Infine, un grazie a mio marito Maurizio Angelomè da 31 anni sempre con me», la dedica di Gottardo, cui è seguita la risposta affettuosa degli stessi sanitari.
«Nelle nostre vite – hanno scritto in una lettera – esistono persone che ci rendono felici per la semplice casualità di averle incrociate nel nostro cammino. Ci hai donato tanto con la tua contagiosa risata, con la tua generosità. Porta con te il nostro affetto che mai diminuirà, la nostra stima e il nostro grazie per averci affidato la vita in maniera incondizionata».