CIVITANOVA – Due avvocati del Foro di Macerata ma con studio a Civitanova, un uomo e una donna, sono indagati a vario titolo per falsificazione di testamento e circonvenzione di incapace. Scattate le misure cautelari: braccialetto elettronico con divieto di avvicinamento alla vittima e la sospensione per un anno dalla professione limitatamente ad alcune tipologie di incarichi.
L’operazione denominata “Ultime volontà” porta la firma dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria guidato dal tenente colonnello Massimiliano Bolognese. I militari sono stati impegnati in mirate indagini per ricostruire quanto accaduto ad un uomo che per difficoltà psicologiche era seguito da un amministratore di sostegno. È stato proprio quest’ultimo a interessare la Procura dopo aver notato alcuni movimenti sospetti sull’ingente patrimonio che avrebbe dovuto ereditare il proprio assistito.
La vicenda è venuta alla luce dopo la morte di una ultranovantenne (avvenuta nell’ottobre 2020): all’unico figlio sarebbe spettata l’intera cospicua eredità, ma al momento dell’apertura della successione si era scoperto che la metà dell’ingente patrimonio, sulla base della volontà espressa dalla defunta attraverso un testamento olografo, doveva essere in realtà destinata a un’avvocatessa. Questa, infatti, si era presentata dal notaio attestando la propria qualità di erede e, una volta incamerati i beni mobili e immobili caduti nella successione, aveva da subito iniziato a disporne, compiendo tutti gli atti che spettano tipicamente al proprietario, ad esempio, sostituendo le serrature delle abitazioni. L’avvocatessa, insieme al suo collega di studio, aveva a suo tempo assistito l’anziana defunta per alcuni affari, tuttavia dopo la sua scomparsa, i due legali avevano iniziato a recarsi sempre più frequentemente presso l’abitazione del figlio, un uomo che aveva risentito pesantemente, dal punto di vista fisico e psicologico, della morte della mamma, per lui unico e fondamentale punto di riferimento.
Prima della morte della mamma, il figlio aveva rilasciato al collega dell’avvocatessa, davanti a un notaio, una procura generale con la quale affidava al legale la gestione totale del patrimonio e dei suoi interessi personali, non solo, lo aveva designato anche come proprio amministratore di sostegno in previsione di una propria eventuale futura incapacità. L’avvocato però non ne è mai diventato amministratore di sostegno dopo che su richiesta dell’allora procuratore Giovanni Giorgio, nel luglio 2020, il giudice tutelare di Macerata ne nominò un altro (un avvocato anche lui che successivamente denunciò le presunte irregolarità che hanno dato vita all’indagine “Ultime volontà”).
Dalle investigazioni eseguite dai finanzieri anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali, su delega della Procura, sarebbe emersa l’esistenza di un testamento apocrifo sulla base del quale la metà del patrimonio sarebbe spettata di diritto all’avvocatessa, nonché la circostanza che gli indagati, approfittando della condizione di debolezza dell’unico figlio dell’ultranovantenne in precarie condizioni fisiche e mentali, e attraverso una frequentazione assidua e costante, anche in periodo di pieno lockdown dovuto alla pandemia, lo avrebbero indotto a firmare la procura generale in favore dell’avvocato: in tal modo, sostanzialmente, i due legali avrebbero potuto agevolmente disporre dell’intero patrimonio, senza alcun tipo di impedimento. Da ciò derivano le contestazioni, a vario titolo, di falsità in testamento olografo e falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri a carico della professionista, e in concorso con il suo collega di studio, di circonvenzione di persona incapace.
Sulla base degli elementi emersi nel corso degli approfondimenti investigativi svolti dalle Fiamme Gialle maceratesi, il giudice per le indagini preliminari Domenico Potetti, accogliendo le richieste formulate dal procuratore della Repubblica facente funzioni Claudio Rastrelli e dal pubblico ministero titolare del procedimento Vincenzo Carusi, per impedire che i reati venissero portati a ulteriori conseguenze e che venissero reiterati, ha disposto a carico dei due avvocati l’interdizione per un anno dalla professione di avvocato limitatamente alla cura, in ogni sede giudiziaria ed extragiudiziaria, degli interessi della vittima nonché alla cura e gestione di ogni procedura in materia di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno; il divieto di comunicazione e di avvicinamento all’abitazione e alla persona della vittima, mantenendo una distanza minima, da controllare mediante l’applicazione di braccialetti elettronici.
Inoltre, è stato ordinato ed eseguito il sequestro preventivo della somma di circa 1.500.000 euro, pari alla metà dei beni caduti in successione, corrispondenti alla parte dell’asse ereditario che erano finiti illecitamente nella disponibilità dell’avvocatessa, per effetto del testamento olografo, di cui diverse perizie calligrafiche hanno attestato l’inequivocabile falsità.