CIVITANOVA MARCHE – Da centro regionale di riferimento per le mamme positive al covid-19, alla ripresa della normalità. L’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia di Civitanova Marche dopo la fase dell’emergenza sanitaria della prima fase pandemica ha ripreso la sua regolare attività, incluso il parto in acqua, una metodica “dolce” che «riduce la sensazione dolorosa e l’incidenza delle lacerazioni al perineo» come spiega il dottor Filiberto Di Prospero, primario del reparto.
Una tecnica impiegata da oltre 15 anni nell’ospedale di Civitanova Marche, sospesa durante la prima fase della pandemia. «Tornare al parto in acqua è un segnale molto positivo – afferma il primario -, torniamo a parlare di comfort durante il parto, di naturalità, di un ambiente accogliente». Una valida alternativa anche alle tecniche di analgesia utilizzate durante il parto.
Ogni futura mamma si trova immersa in un ambiente intimo, caldo, con luci soffuse ed è assistita da una ostetrica. La prima bambina del 2021 a nascere con parto in acqua, è stata la piccola Amelie, simbolo di un nuovo anno all’insegna di una agognata ripresa della normalità, anche per le strutture ospedaliere.
«Mi sono trovata benissimo – racconta la mamma Vivienne Gattafoni -, non immaginavo sarebbe stata una esperienza così bella, intima e coinvolgente: le candele, la musica rilassante e l’acqua calda hanno contribuito a lenire il dolore e a rendere questo momento indimenticabile». La mamma era stata seguita dal reparto anche durante tutto il periodo della gravidanza.
L’Unità durante la prima fase della pandemia aveva dovuto stravolgere la sua attività, e aveva accolto le mamme marchigiane positive al virus, fornendo loro l’assistenza ambulatoriale e diagnostica, oltre ad occuparsi del momento del parto, quando era necessario mantenere il più stretto isolamento.
Undici i bambini nati nell’ospedale di Civitanova Marche durante i mesi più bui della pandemia, una fase molto delicata che ha visto alcune mamme colpite dal virus avere minacce di aborto, come spiega il medico.
«Il nostro compito – chiarisce il primario – in quella fase non è stato solo quello di assistere partorienti covid-19 positive o puerpere, donne che avevano partorito in altri ospedali e poi venivano trasferite da noi, ma abbiamo avuto anche la funzione di assistenza e terapia a donne colpite da polmonite, o donne positive al covid-19 che avevano una minaccia di aborto».
Un periodo nel quale le mamme dovevano restare in stretto isolamento e che ha comportato per la struttura una profonda riorganizzazione che si era strutturata in un percorso di accoglienza e accettazione per le donne che venivano dall’intera regione Marche.
«È innegabile che la pandemia ha avuto un effetto molto negativo su quello che è il vissuto del parto – conclude -, abbiamo fatto di tutto per evitare la sensazione di isolamento e di difficoltà di comunicazione con l’esterno, uno sforzo importante», ora finalmente la ripresa della normalità.