CIVITANOVA – Avrebbe dovuto vendere merce per un’azienda civitanovese, in pochi giorni era stato lui ad acquistare circa 10mila euro di prodotti. In tre, il titolare della ditta e due collaboratori, sono accusati di circonvenzione di incapace. Il procedimento ieri 15 novembre è finito all’attenzione del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Macerata Claudio Bonifazi e del pubblico ministero Enrico Riccioni. Gli imputati, difesi dall’avvocato Luciano Pacioni (sostituito in aula dalla collega Giulia Vitali), hanno scelto di non chiedere riti alternativi e sono stati rinviati a giudizio. La vicenda riguarda fatti accaduti a ottobre del 2021. Per l’accusa i tre avrebbero approfittato dello stato di salute mentale della vittima, affetta da un disturbo bipolare e da altre patologie, per fargli acquistare merce scadente per importi di denaro rilevanti. All’epoca la vittima, un 51enne di Macerata, denunciò l’accaduto all’autorità giudiziaria raccontando come aveva conosciuto dapprincipio gli odierni imputati.
A ottobre di due anni fa era in cerca di un lavoro, un giorno in un bar di Macerata aveva visto un annuncio di lavoro per addetti alla logistica, al magazzino, consulenti, e altre posizioni lavorative. Prese uno dei bigliettini e chiamò. Gli fu fissato un appuntamento per il giorno seguente e l’indomani andò a Civitanova. Il colloquio andò bene e successivamente tornò nella sede della ditta per firmare il contratto. «In sostanza – riferì in denuncia – dovevo vendere la loro merce, macchinette per il caffè, materassi ortopedici, stuoie sanitarie e depuratori d’aria. A detta di alcuni collaboratori per quel lavoro sarei stato particolarmente portato perché giovane e brillante».
In pochi giorni però, fu lui a comprare i prodotti che avrebbe dovuto vendere pagandoli complessivamente quasi 10.000 euro. Perché lo avrebbe fatto? Il 51enne spiegò che gli avevano detto che così facendo si sarebbe messo in luce con la direzione e avrebbe fatto carriera più rapidamente all’interno dell’azienda. Allora, prima acquistò una macchinetta per il caffè, poi un purificatore d’aria per 2.950 euro, poi due stuoie mediche a 2.300 euro l’una e per ultimo gli sarebbe stato proposto l’acquisto di un materasso ortopedico alla cifra di 4.500 euro, ma a quel punto il suo conto corrente era quasi prosciugato e per poter sostenere l’ulteriore spesa fu costretto a chiedere un finanziamento. Fu il fratello, preoccupato per tutti quei pagamenti, a consigliargli di denunciare. Gli imputati rigettano gli addebiti, secondo la difesa acquistare i prodotti per poi rivenderli sarebbe una pratica diffusa.