CIVITANOVA – «Era stato mio studente, si era laureato con me poi è stato cultore della materia, ma io ero un suo fan, come spettatore avevo previsto che avrebbe fatto cose straordinarie». Lo sottolinea più volte Anton Giulio Mancino, professore di Cinema a Unimc, nel ricordare Claudio Gaetani, docente e attore 46enne morto improvvisamente a Londra ieri mattina.
Gaetani era partito per la capitale inglese mercoledì. «Ci eravamo visti – ricorda Mancino – il giorno prima della partenza, il 6, avevamo fatto gli esami insieme, poi mi aveva accompagnato in stazione a Civitanova ma aveva scelto una strada lunga che da un pò non avevamo più percorso. Siamo passati per Civitanova Alta, abbiamo visto le colline marchigiane e ci siamo fermati a Civitanova a prendere un gelato. Negli ultimi tempi il lavoro e gli impegni non ci permettevano di vederci così come una volta, abbiamo rievocato i vecchi tempi, sembrava quasi un addio, ma lui rideva, mi prendeva in giro tutto il tempo, è uno spirito libero, mi spiace che non si sia potuto godere la gloria, da attore sarebbe decollato alla grande, era al debutto». Dopo la partecipazione nel 2019 al film “Pinocchio” di Matteo Garrone in cui aveva interpretato la marionetta Arlecchino, da circa un anno Gaetani era impegnato in un altro importante progetto, era il protagonista de “L’ombra lunga del nano” della compagnia bergamasca Les Moustaches, uno spettacolo che, portato in scena al Festival Off di Avignone, aveva riscosso un grande interesse della critica di settore.
«Sono contento di averlo visto il giorno prima che partisse – continua Mancino –. Gli avevo detto “perché vai a Londra? Stai fermo un attimo”, ma lui rideva e mi prendeva in giro, io ero quello ipocondriaco e lui mi sfotteva, ero la sua vittima consenziente. Claudio era come un personaggio di Fellini, un inno alla vita, ero io il tetro, lui era totalmente solare, un minuto doveva stare qua il minuto dopo in un’altra parte del pianeta, era la sua vita, quella di una persona irripetibile. E penso che la vita se la sia goduta fino all’ultimo millimetro del percorso. Spesso con lui discutevo perché lo volevo più quadrato, invece era uno spirito libero, credo che alla fine avesse ragione lui». Tanti sono stati i progetti portati a termine da Gaetani ma tanti altri erano ancora da realizzare. «Ha sempre avuto un sogno – racconta il professore –, quello di incontrare Steven Spielberg, lo chiamava “papà Steven”, sono sicuro che se lo avesse incontrato si sarebbero capiti all’istante. Era il maggior esperto mondiale del regista, per lui sarebbe stato il libro della sua vita, si era occupato moltissimo di Shoah però il libro su Spielberg era il suo sogno. Ho sempre sperato che lo scrivesse, ma anche questo resterà confinato nello spazio dei desideri».
«Cosa mi mancherà di lui? – conclude Mancino – La sua allegria. Era il mio coach di termini dialettali marchigiani, si scherzava, era un divertimento continuo.
Il rimorso è quello di non essere stati più tempo insieme, ma come si fa a immaginare che a quella età un giorno fai gli esami e il giorno dopo arriva questa notizia? A 46 anni aveva lo spirito di un ragazzino, aveva un progetto dietro l’altro, era un vulcano, un cittadino del mondo. Era centomila persone».