Macerata

Corridonia, imprenditore picchiato e umiliato: ex moglie condannata a tre anni e mezzo

La donna, 55enne, dovrà pagare 60.000 euro di provvisionale all'ex coniuge. L'uomo tra il 2015 e il 2017 era finito quattro volte al pronto soccorso per le lesioni riportate

Il tribunale di Macerata

CORRIDONIA – Per quattro volte in tre anni il marito era finito in ospedale per le botte prese con prognosi anche di 30 giorni. A casa sarebbe stato costretto a stare seduto per ore in poltrona, a indossare pannoloni per non essere accompagnato in bagno, a dormire sotto l’effetto di farmaci, a mangiare una volta al giorno e a usare il cellulare solo se autorizzato dalla moglie e in sua presenza. Oggi l’ex coniuge, una 55enne di Corridonia, è stata condannata a tre anni e mezzo di reclusione e al pagamento di una provvisionale di 60.000 euro. Per l’accusa l’imputata avrebbe chiesto in prestito ai parenti di lui ingenti somme di denaro usate non per assistere il coniuge ma per spese personali, come 30.000 euro per una liposuzione. La difesa oggi ha annunciato che impugnerà la sentenza in appello.

L’avvocato di parte civile Luciano Pacioni

I fatti contestati sarebbero avvenuti tra il 2014 e il 2017. All’epoca l’uomo, un imprenditore del posto, aveva subito un intervento al cuore a seguito di un infarto, una volta tornato a casa avrebbe visto la moglie cambiare completamente atteggiamento nei suoi confronti e diventare sempre più violenta.
Secondo l’accusa lei lo avrebbe indotto a interrompere i rapporti con i figli che lui aveva avuto da un precedente matrimonio, costringendolo a una serie di umiliazioni come quella di usare i pannoloni, restare su una poltrona per ore, usare il cellulare solo in presenza di lei e in ultimo l’allora moglie avrebbe attivato anche un sistema di geolocalizzazione per controllare gli spostamenti.

In quattro circostanze l’imprenditore era finito al pronto soccorso perché colpito al costato, al viso e alla testa dalla coniuge, la donna avrebbe poi indotto il marito a delegarle la gestione dei suoi risparmi e con il bancomat di lui avrebbe effettuato prelievi non autorizzati, altri soldi (per importi importanti) li avrebbe chiesti ai parenti del coniuge. In più la vittima era stata convinta a firmare una delega alla moglie per chiedere che 24.000 euro spettanti a lui venissero versati sul conto di lei. La donna avrebbe anche somministrato al marito dei farmaci inventandosi che lui soffriva di patologie psichiatriche.

L’avvocato Gerardo Pizzirusso

L’incubo era venuto alla luce nel 2017 quando l’imprenditore e la moglie andarono nello studio dell’avvocato Samuele Farroni, l’imprenditore approfittando di un momento di distrazione della moglie aveva afferrato il braccio del legale e gli aveva chiesto di aiutarlo, il legale si era frapposto tra i due e aveva chiamato la figlia di lui.
Oggi la 55enne, accusata di maltrattamenti in famiglia e lesioni, è stata condannata dal giudice Domenico Potetti, come chiesto dal pm Francesca D’Arienzo, a tre anni e sei mesi di reclusione e al pagamento di una provvisionale di 60.000 euro all’imprenditore parte civile con l’avvocato Luciano Pacioni: «C’è un sommerso di uomini maltrattati piuttosto importante. Nella società c’è una percezione diversa quando la vittima è un uomo che tra l’altro ha più difficoltà a denunciare. La violenza invece non ha genere, siamo abituati a vederla sempre a senso unico».  
«Leggeremo le motivazioni e faremo appello – ha invece dichiarato il difensore, l’avvocato Gerardo Pizzirusso -. Il quadro probatorio era pieno di contraddizioni e incongruenze».