Macerata

Corridonia, insulti alla suocera sulla tomba del marito: nuora condannata a sette mesi

L'imputata, di 53 anni, era accusata di vilipendio delle tombe. La scoperta dei cartelli diffamatori nel cimitero era stata fatta nel 2020. La difesa annuncia appello

Il Tribunale di Macerata
Il Tribunale di Macerata

CORRIDONIA – Avrebbe apposto cartelli con scritte poco lusinghiere nei confronti della suocera sulla tomba del suocero defunto: nuora condannata a sette mesi di reclusione. Era accusata di vilipendio delle tombe.

Il primo cartello fu scoperto nei primi giorni di marzo del 2020 quando la suocera dell’imputata, andando assiduamente al cimitero dal coniuge defunto, aveva trovato appeso alla croce posta sulla sua tomba un cartello con un messaggio indirizzato proprio al marito. In tre parole era stato sintetizzato il concetto che la moglie lo avrebbe tradito. La donna, sgomenta, era andata dal custode per chiedere se avesse visto qualcuno nei pressi della tomba, ma la risposta fu negativa e lei andò dai carabinieri a denunciare il fatto.

Pochi giorni dopo si sarebbe diffuso il Covid e la donna aveva dovuto interrompere le sue visite al cimitero. Ci tornò il 5 settembre e, ancora una volta trovò un cartello appeso alla croce anche questo con una frase offensiva nei suoi confronti.
Passarono dieci giorni e spuntò un terzo cartello di cartone con un nastro rosso e una scritta fronte-retro: su una facciata un insulto rivolto a lei, sull’altra dei nomi maschili. La donna fotografò entrambi i cartelli prima di rimuoverli e consegnarli ai carabinieri che avviarono mirate indagini.
Furono acquisite le immagini registrate dalle telecamere poste all’interno del cimitero in cui si vedeva una persona intenta a posizionare i cartelli diffamatori. Quando le immagini furono mostrate alla vedova, la donna riconobbe in quei fotogrammi la nuora. A carico della donna, una 53enne di Corridonia, si è aperto un processo per vilipendio delle tombe discusso ieri dinanzi al giudice del Tribunale di Macerata Domenico Potetti.

Il pubblico ministero Francesca D’Arienzo ha chiesto la condanna a sette mesi, la difesa, sostenuta dall’avvocato Stefano Migliorelli, ha invece chiesto l’assoluzione sostenendo l’assoluta estraneità della propria assistita ai fatti contestati. Il giudice, condividendo la ricostruzione accusatoria, ha accolto la richiesta del pm condannando la 53enne a sette mesi di reclusione, pena sospesa. «Attenderemo le motivazioni della sentenza – ha commentato l’avvocato Migliorelli –. Ritengo che faremo appello. Il soggetto che ha posto quei cartelli su una tomba del cimitero è stato fotografato alle spalle. Il viso non si vede. Penso che abbia rilevato la testimonianza per cui il soggetto imputato sia stato visto dalla sua accusatrice con gli stessi abiti risultanti dalla foto proprio il giorno in cui è avvenuto il fatto. Durante il processo ho “indicato a sospetto” tale testimonianza poiché chi l’ha resa quando è stato sentito all’epoca dei fatti non ha detto di aver riconosciuto il soggetto per tale motivo. Non solo. A plurima domanda ha detto di non avere malanimo contro il soggetto indagato mentre invece ci sono documenti che dimostrano il contrario. Staremo a vedere».

La suocera è tutelata dall’avvocato Laura Bozzi.