Macerata

Omicidio di Rosina Carsetti: in Appello ergastolo per la figlia, 27 anni per il nipote

I giudici della Corte d'Assise d'Appello di Ancona hanno riformato la sentenza di primo grado riconoscendo i maltrattamenti, la premeditazione e il coinvolgimento nel delitto anche di Arianna Orazi

MONTECASSIANO – Colpo di scena nel processo di secondo grado per l’uccisione di Rosina Carsetti, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Ancona hanno riconosciuto figlia e nipote della vittima colpevoli dell’omicidio premeditato pluriaggravato della 78enne condannando la prima all’ergastolo, il secondo a 27 anni. Entrambi, insieme, al marito di Rosina, sono stati condannati anche per i maltrattamenti. Una sentenza che ha lasciato stupite le difese dei tre imputati che hanno anticipato l’intenzione di ricorrere in Cassazione.

La sentenza letta oggi dai giudici dorici verso le 12.30 ha riformato in modo importante quella di primo grado emessa dai colleghi della Corte d’Assise di Macerata. Il 6 marzo del 2023, infatti, i giudici ritennero unico responsabile dell’omicidio di Rosina Carsetti, il nipote oggi 23enne Enea Simonetti condannandolo all’ergastolo, il marito Enrico Orazi ora 82enne, e la figlia Arianna 51enne furono assolti da quella accusa.
Sia loro sia il nipote furono anche assolti dall’altra accusa che per la Procura era strettamente connessa all’omicidio: i maltrattamenti nei confronti dell’anziana e tutti e tre erano stati ritenuti colpevoli della simulazione di reato (per coprire l’omicidio avevano inventato la storia del ladro entrato in casa, a Montecassiano (Mc), la vigilia di Natale, in pieno lockdown per il Covid – il delitto è del 24 dicembre 2020 –, che aveva ucciso la più debole della famiglia e aveva legato marito e figlia mentre il nipote era uscito, a suo dire, per fare la spesa al vicino supermercato dove era rimasto per circa un’ora e mezza).

Per i giudici maceratesi quel delitto commesso solo dal nipote non era stato premeditato ma era avvenuto al culmine di un litigio. In 744 pagine di motivazione il giudice estensore, Daniela Bellesi, spiegò le ragioni della decisione della Corte.

Oggi invece la Corte d’Assise d’Appello di Ancona, dopo aver sentito 17 testimoni, ha ritenuto il delitto non solo premeditato ma commesso in concorso da figlia e nipote. Quattro sono state le circostanze aggravanti riconosciute che hanno portato alla condanna all’ergastolo per la figlia Arianna (condannata anche per rapina) e a 27 anni al nipote Enea al quale sono state concesse le attenuanti generiche riconosciute equivalenti alle aggravanti. A nulla, dunque, è valsa la dichiarazione autoaccusatoria resa a sorpresa nella scorsa udienza da Enrico Orazi, che si era assunto la totale responsabilità del delitto della moglie. Nelle motivazioni che saranno depositate tra 90 giorni la Corte spiegherà anche perché quelle parole non sono state ritenute credibili.

Al contrario dei colleghi maceratesi, i giudici hanno inoltre riconosciuto la responsabilità dei tre familiari conviventi della vittima nei maltrattamenti. Mentre in primo grado le testimonianze rese in aula da amici e conoscenti della famiglia Orazi-Carsetti avevano portato la Corte a ritenere che «alcune delle condotte prospettate come vessatorie non risultano dimostrate, mentre altre risultano altrimenti giustificabili», in secondo grado le testimonianze rese cristallizzerebbero esattamente il contrario: che i maltrattamenti nei confronti dell’anziana c’erano stati eccome e hanno portato alla condanna di Enrico Orazi a quattro anni e sei mesi.

I difensori, gli avvocati Valentina Romagnoli, Olindo Dionisi e Barbara Vecchioli, sono decisi a portare la vicenda fino in Cassazione.

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