Macerata

Omicidio di Rosina Carsetti, in appello il marito Enrico Orazi si autoaccusa: «L’ho uccisa io»

Lo avrebbe fatto al culmine di una discussione perché la moglie 78enne stava fumando. Il pg ha chiesto la condanna anche della figlia della vittima per l'omicidio della 78enne e la condanna dei tre familiari per maltrattamenti

MONTECASSIANO – Colpo di scena nel processo d’appello per l’omicidio della 78enne Rosina Carsetti avvenuto a Montecassiano (Mc) il 24 dicembre 2020. Questa mattina in aula il marito 82enne della vittima, Enrico Orazi (assolto in primo grado insieme alla figlia 53enne Arianna dall’accusa di omicidio), ha reso dichiarazioni autoaccusatorie. Lo ha fatto dopo che i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Ancona avevano sentito gli ultimi due testimoni e prima che le parti (il procuratore generale Roberto Rossi e gli avvocati Valentina Romagnoli, Olindo Dionisi e Barbara Vecchioli) discutessero.

L’82enne ha mostrato un foglio al proprio legale chiedendo di leggerlo in aula e così ha reso spontanee dichiarazioni. Il pomeriggio della vigilia di Natale di quattro anni fa: «Avevo sentito dei rumori provenire dal piano di sopra – ha dichiarato –, sono salito e ho visto che stava fumando sul terrazzo, le avevo chiesto di smettere, ma mi ha risposto male, mi ha minacciato di tirarmi il posacenere come già aveva fatto in passato e non c’ho visto più».
Enrico Orazi avrebbe afferrato la moglie per la maglia e l’avrebbe tirata in casa, a quel punto l’avrebbe strozzata. L’anziano ha poi raccontato delle discussioni avvenute in passato con la moglie, del fatto che lei lo avrebbe esasperato, chiamandolo più volte «bamboccio, stupido» e arrivando a minacciarlo con un coltello.

Dopo la confessione autoaccusatoria di Enrico Orazi il processo è proseguito: il pg ha chiesto il riconoscimento dell’aggravante della premeditazione nell’omicidio sia per il nipote 23enne della vittima, Enea Simonetti (unico condannato all’ergastolo per l’omicidio della nonna), sia per la figlia di Rosina, Arianna per la quale è stata chiesta la condanna per omicidio pluriaggravato (in primo grado fu assolta). Il procuratore generale ha chiesto anche il riconoscimento della responsabilità di tutti e tre i familiari della vittima per il reato di maltrattamenti (per il quale invece erano stati tutti assolti dalla Corte d’Assise di Macerata che li aveva condannati solo per la simulazione di reato a due anni).

Poi sono iniziate le arringhe. L’avvocato Romagnoli ha chiesto l’assoluzione di Enea dall’accusa di omicidio per «la mancanza di un movente, l’assenza del suo Dna sul corpo della nonna e per non essere stato in casa al momento dell’omicidio». Ha invece chiesto la conferma della sentenza di primo grado il difensore di Arianna, l’avvocato Dionisi: «Gli indizi tali sono rimasti, senza diventare prova. I testimoni sentiti non hanno apportato nuovi elementi». Idem la collega Vecchioli per la quale: «Non ci sono elementi che provino i maltrattamenti. Quando la Carsetti parlò con i carabinieri e con l’operatrice del centro antiviolenza nessuno rilevò che la donna corresse alcun tipo di pericolo».

Il prossimo 10 luglio ci sarà la sentenza dei giudici dorici.

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