«Troppo poco per autonomi e sindacati e partite iva, su questo non ci sono dubbi». Anche la CNA Fermo è intervenuta sul Decreto Cura Italia che, come spiega l’associazione, «può rappresentare solo un primo passo dato che presenta molte lacune e crediamo ci sarà bisogno di una manovra di ulteriore stimolo e sostegno all’economia di proporzioni mai sperimentate in precedenza».
«Le risorse, seppure importanti, non saranno sufficienti a proteggere lavoro autonomo e pmi, particolarmente esposti alla gravità della situazione e all’enormità dei danni – ha spiegato il presidente CNA Fermo Paolo Silenzi -. Riteniamo che gli interventi a favore delle imprese, come la sospensione dei versamenti, il sostegno al credito e gli ammortizzatori sociali, vadano indirizzati con maggiore incisività a favore del lavoro autonomo, delle attività di minore dimensione e delle filiere». È evidente come a subire i colpi di questo blocco totale, siano state, fino a ora, turismo, trasporti, ristorazione, cinema e cultura.
Anche la sospensione dei soli versamenti in scadenza nel mese di marzo sono inefficaci secondo CNA. «La sospensione avrebbe dovuto interessare almeno i versamenti in scadenza tra marzo e maggio, con la possibilità di far decorrere l’inizio della restituzione dei pagamenti sospesi non prima di settembre 2020, con un piano di restituzione non inferiore a 10 rate».
Per quanto concerne, invece, il credito d’imposta del 60% dei canoni di affitto pagati nel mese di marzo, che il decreto prevede soltanto a beneficio degli immobili accatastati nella categoria C1, CNA Fermo evidenzia che tale misura andrebbe estesa anche gli affitti degli edifici accatastati nelle categorie D8 e C3, sempre ad uso commerciale, vale a dire i laboratori artigiani. «C’è bisogno inoltre di iniettare più risorse per il “bonus di sopravvivenza”, cioè i 600 euro riconosciuti nel mese di marzo a lavoratori autonomi, partite IVA e professionisti, visto che quanto stanziato appare ampiamente insufficiente rispetto alla numerosità della platea degli aventi diritto. Occorre, pertanto, rafforzare la copertura finanziaria dell’intervento» aggiunge l’Associazione.
«In conclusione per non rischiare che le imprese di ritrovino a chiudere per mancanza di liquidità, è necessario riattualizzare l’esperienza dei Confidi, purtroppo sempre più al margine nel mondo della garanzia, vista la pervasività dello strumento pubblico. Si riparta dai Confidi che, per competenze e per prossimità, sono uno dei pochissimi soggetti in grado di assicurare il flusso necessario di credito a micro e piccole imprese» ha concluso Silenzi.