RECANATI – «Occorre avere sempre qualcosa di unico e di originale da offrire e da rinnovare nel tempo, il cosiddetto plus. Ma per ottenerlo sono necessarie ricerca e formazione, nel pieno convincimento che si tratta di qualcosa di essenziale per la vita dell’azienda. Senza ricerca e senza innovazione non c’è futuro». Questo era e questo diceva Don Lamberto Pigini, il sacerdote imprenditore di Recanati, che con le sue molte aziende – dalla casa editrice Eli, famosa per i suoi fumetti in latino, alla Tecnostampa, azienda di pregio nel comparto delle arti grafiche, alla Rotopress International e poi Grafiche Flaminia, oggi in Pigini Group – ha creato occupazione in tutta l’area della Valmusone, trasformandola in un distretto della stampa e della comunicazione.
Morto ieri sera, all’età di 97 anni, Pigini non aveva mai smesso di guardare al futuro e di prendersi cura, in qualità di presidente, di un gruppo che conta al suo interno 11 aziende, 620 dipendenti e 4 sedi territoriali, tra Marche (a Loreto), Umbria, Emilia Romagna e Lombardia, per 100 milioni di euro di fatturato. Ha guidato, tra l’altro, anche lo storico marchio di chitarre Eko, fondato dal fratello Oliviero, e c’è il suo zampino nella nascita della Rainbow di Iginio Straffi, il papà delle fatine Winx oggi a capo del più grande studio di animazione in Europa.
Lo ricordano, oggi, in tanti, tra loro Claudio Schiavoni, presidente di Confindustria Marche, che lo ha definito un «visionario, innovatore, intraprendente e amante delle sfide. Questo era don Lamberto, uomo di fede dalle indiscusse doti imprenditoriali. Se ne va un uomo che ha lasciato un segno indelebile nel tessuto imprenditoriale del nostro territorio, al quale ha dedicato la vita, con passione, dedizione e spirito pioneristico. Ricordo una sua testimonianza tanti anni fa in Confindustria: quando qualcuno gli chiese dove trovasse la forza e l’energia di portare avanti così tante iniziative e così tanti progetti, lui rispose che la trovava tutte le mattine dicendo la Messa. E forse è stato proprio questo suo mix di doti umane sostenute da una fede incrollabile a fare di Don Lamberto una persona davvero indimenticabile».
Il cineasta Iginio Straffi, fondatore a Loreto dello studio di animazione Rainbow che ha creato la serie animata Winx Club, parla così di Don Pigini: «Sono tanti i miei ricordi, positivi e ricchi di nostalgia. Se penso ai primi tempi della Rainbow, lui è stato il primo a credere nelle mie idee, provo quindi un grande senso di gratitudine che spero di aver ripagato nel corso dei tanti anni che abbiamo trascorso insieme. Da un uomo come lui c’era tanto da imparare, non solo come figura di imprenditore ma anche per i suoi insegnamenti di vita. Ci mancherà perché per certi versi nella nostra immaginazione era quasi una creatura immortale come il numero Uno dei miei amati fumetti di Alan Ford, aveva energia e prontezza, non era pensabile che fossero le qualità di un 97enne eppure era così. La sua caratteristica più affascinante di imprenditore dipendeva dal fatto che era una forza della natura, quando si appassionava su qualcosa non era possibile fermarlo. Era per tutti noi una fonte di ispirazione».
E poi il ricordo del rettore dell’Università di Macerata Francesco Adornato. «Don Lamberto Pigini è stato l’esempio di come sia possibile mettere l’impresa a servizio dello sviluppo sociale e umano, dei singoli e dell’intero territorio, combinando insieme etica e profitto, i diritti della persona con il dovere dello sviluppo imprenditoriale. Mi piace ricordarlo attraverso l’efficace ritratto tratteggiato dal professor Michele Corsi, allora preside della facoltà di Scienze della formazione, nella laudatio per il conferimento della laurea honoris causa: sacerdote e imprenditore, perché ha saputo coniugare la capacità di impresa e l’apertura all’innovazione, caratteristici dello spirito imprenditoriale marchigiano, con la passione per la formazione morale e civile delle nuove generazioni (…) Chi lavora nel sociale e, in particolare, nella formazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani lavora per l’obiettivo di far crescere l’uomo nei suoi veri grandi valori”. Questo fu il messaggio finale lanciato da Don Pigini al termine della sua Lectio Doctoralis. “Il mio grande desiderio è che quanti operano con me in questo difficilissimo e tanto importante settore della comunicazione e della formazione possono sempre conservare il loro entusiasmo e il massimo impegno per un lavoro altamente professionale e sempre rispettoso del mondo dei piccoli”», conclude Adornato.
Per Moreno Pieroni, sindaco di Loreto, «se ne va una personalità unica, che ha dimostrato come sia possibile coniugare felicemente il ruolo di sacerdote illuminato e di imprenditore capace di generare sviluppo economico duraturo per un intero territorio. Don Pigini ci ha dimostrato cosa significa dare una dimensione etica al lavoro e lo vogliamo ricordare soprattutto per questo, per l’insegnamento che ha saputo dare a tutti noi: imprenditori, amministratori, dipendenti. Ho avuto modo di conoscerlo sia da sindaco di Loreto sia come amministratore in Provincia e poi in Regione, e sempre negli anni ho apprezzato la sua capacità di essere un imprenditore vero, senza mai venire meno ai valori dell’umiltà, dell’onestà e della fratellanza che il suo ruolo di sacerdote gli imponeva. È stato un personaggio illuminato. Il fatto che la sede della sua impresa sia entro i confini del comune di Loreto è un dettaglio tecnico che ci onora, ma va sottolineato come la sua opera imprenditoriale abbia creato sviluppo economico duraturo per tutta la Valmusone, generando benessere ed occupazione per moltissime famiglie. La sua visione ci mancherà».
Per il sindaco di Recanati, Antonio Bravi, Don Pigini era un «geniale imprenditore nel campo della comunicazione e dell’editoria. Lo ricordiamo per la sua attiva presenza in città, pronto al saluto e allo scambio cordiale, col passo veloce che solo negli ultimi anni si era fatto un po’ incerto. Molti lo ricorderanno per le sue omelie colte e profonde, mai scontate. Una figura che lascia indelebili tracce nella nostra città e un patrimonio di idee e di attività che ha seguito sempre con attenzione, anche dopo il ritiro dalle sue attività».
Lo ricorda con commozione, anche, Giuseppe Casali, amministratore delegato e vice presidente della Pigini Group S.p.a., che ha preso le redini del gruppo quando il sacerdote ha deciso di lasciare l’attività, e che ne è stato per oltre 50 anni il più fido collaboratore.
«Ho lavorato con Don Pigini per oltre 50 anni, compiuti lo scorso mese di ottobre – ricorda Casali -. Sono entrato in azienda a 20 anni, ora ne ho 70, praticamente ho trascorso con lui quasi tutta la vita; per me che ho perso il padre a 31 anni Don Pigini è stato un secondo padre. Dentro l’azienda ho costruito tutta una carriera, avrò pure avuto i miei talenti ma lui è stato molto abile nel farli emergere, sapeva valorizzare al meglio i suoi collaboratori. La fiducia che ha riposto in me è per me motivo di orgoglio. Tanti anni insieme… ma non ho mai smesso di dargli del Lei».
Quando l’ha sentito l’ultima volta?
«Due giorni fa, il 5 gennaio ho parlato con lui per due ore. Doveva andare a fare un controllo medico, nell’ultimo anno non era stato bene per via di una caduta in casa e della rottura di una vertebra, ma nonostante tutto era lucidissimo, e fino all’ultimo ha dato il suo contributo di idee all’azienda, di preoccuparsi per noi. L’ultima cosa che mi ha detto è ‘il momento non è difficile, è complicato, ma tu non devi mollare, e devi garantire occupazione a questi 450 dipendenti che abbiamo nelle Marche e ai 150 che abbiamo tra a Milano e Novara».
Che tipo era, Don Lamberto Pigini?
«Era un visionario che sognava, ma era anche un uomo pratico. Ha creato nelle Marche un polo della carta stampata tra i più significativi in Italia, con l’aiuto dei suoi collaboratori, e anche quando ha deciso di ritirarsi ci ha incoraggiato sempre a proseguire. A me diceva che gli tiravo la “giacchetta” perché lui qualche volta voleva fare di più rispetto alle nostre possibilità e allora io tirandogli “la giacchetta”, soprattutto nei primi anni di lavoro, lo tenevo un po’ più con i piedi a terra, però debbo riconoscergli è che se non avesse sognato così tanto non avremmo avuto la forza di fare insieme tutto quello che abbiamo realizzato».
Quale il sogno che avrebbe voluto ancora realizzare, secondo lei?
«Dei tre segmenti interni alla Pigini, la carta stampata, l’editoria scolastica e gli strumenti musicali, quest’anno il gruppo ha dovuto vendere ai francesi lo storico marchio Eko che produce chitarre (oggi Algam Eko, ndr). Forse questo è stato per Don Lamberto l’ultimo dispiacere, però due mesi dopo, a dicembre 2020, abbiamo ampliato il business del gruppo con l’acquisto della Editrice Giuseppe Principato e la collegata CETEM, due società milanesi con 120 anni di storia. E allora, quando il 24 dicembre ci siamo sentiti per gli auguri, ho colto la sua soddisfazione per questo traguardo. Anche se lui non è stato il fautore di queste operazioni, ci ha sempre spronato a fare i passi giusti e a salvaguardare l’occupazione. Sogni nel cassetto ne aveva, comunque, pensava sempre avanti, e fino ad un anno fa veniva non mancava mai di venire in azienda».
E poi, c’era l’amore per la Chiesa e il sacerdozio.
«Fino all’ultimo ha curato una newsletter quotidiana che univa il Vangelo del giorno, il suo commento al Vangelo, alla rassegna stampa e al proverbio del giorno, ogni giorno raggiungeva alle 9 in punto circa 5000 persone, molte all’estero».
Quale è l’eredità morale ma anche economica che lascia Don Pigini?
«Dieci anni fa, lasciando l’attività nelle mani dei suoi collaboratori, ha creato la Fondazione Lamberto Pigini per gestire tutto il patrimonio del gruppo, con l’obiettivo di garantire la continuità delle aziende a favore di un beneficiario, che è un ente religioso. Lui diceva “io non ho lavorato per me ma per garantire salario e occupazione ai miei dipendenti”. Siamo partiti negli anni ’60 dal nulla, con una decina di dipendenti, oggi siamo 180 in Tecnostampoa, 180 in Rotopress, 100 in Eli, in tutto siamo oltre 620. L’eredità morale che ci ha lasciato è stata la salvaguarda dell’occupazione e la correttezza di pagare lo stipendio il 10-12 del mese ai dipendenti; anche in periodi di difficoltà come l’attuale, con il calo del fatturato al 30% per via del Covid-19, Don Lamberto si raccomandava con noi di pagare sempre puntuali gli stipendi. L’altra eredità che ci ha lasciato era la correttezza nei rapporti, si raccomandava di non passare fregature ai fornitori e alle banche».