Macerata

Droga per fare sesso con la figlia, 60enne condannato a nove anni e mezzo

I giudici del Tribunale di Macerata in composizione collegiale hanno disposto anche che l'uomo, un autotrasportatore che vive in un comune dell'entroterra maceratese, paghi 30.000 euro di risarcimento alla vittima

MACERATA – Per ottenere dalla figlia prestazioni sessuali le avrebbe procurato droga: autotrasportatore condannato a nove anni e sei mesi. La sentenza nei confronti di un 60enne che vive in un comune dell’entroterra maceratese è stata messa questa mattina dai giudici in composizione collegiale del Tribunale di Macerata. A leggere il dispositivo all’esito della camera di consiglio è stato il presidente, il giudice Roberto Evangelisti. Poco prima era stato lo stesso pubblico ministero Enrico Barbieri a chiedere la condanna dell’imputato per entrambi i reati contestati: cessione di droga e violenza sessuale aggravata.

I fatti contestati al 60enne risalgono al periodo compreso tra il 2015 e il 2017. Secondo la ricostruzione accusatoria – il fascicolo è del sostituto procuratore Rosanna Buccini – l’autotrasportatore avrebbe offerto droga alla figlia all’epoca 28enne e con problemi di tossicodipendenza per ottenere da lei prestazioni sessuali. Quando non le avrebbe procurato la droga le avrebbe dato direttamente i soldi per andare ad acquistarla. La vicenda era venuta alla luce quando la figlia entrò in una comunità per disintossicarsi e nel corso degli incontri con le assistenti sociali avrebbe riferito gli orribili racconti. Furono quindi le assistenti a segnalare immediatamente la circostanza all’autorità giudiziaria. A quel punto il pubblico ministero dispose ulteriori accertamenti per ricostruire i contorni della vicenda e, una volta raccolti sufficienti elementi di natura probante nei confronti dell’uomo, ne chiese il rinvio a giudizio.

Nel corso del processo celebrato a porte chiuse sono stati sentiti diversi testimoni, a iniziare dalla vittima, parte civile con l’avvocato Piero Cavalcanti, che confermò anche in aula tutte le accuse. Fu sentita anche una psicologa dell’Asur che all’epoca dei fatti lavorava nella comunità dove era ospite la ragazza e che raccolse le confidenze della giovane.

Oggi la sentenza. I giudici hanno condannato l’imputato anche al pagamento di un risarcimento di 30.000 euro alla figlia. Una volta depositate le motivazioni il legale dell’uomo, l’avvocato Donato Attanasio valuterà un eventuale ricorso in Appello.