Macerata

Il teatro fuori dal teatro della compagnia Bocchi/Scarrocchia

L'intervista alla compagnia teatrale che per tutto agosto porta in scena tre spettacoli di teatro di ricerca contemporanea all'interno di una ex casa colonica di Recanati

“Abito” di e con Agnese Bocchi e Tobia Scarrocchia

Si chiama “Teatro d’estate”, il progetto site-specific di teatro fuori dal teatro proposto dalla compagnia teatrale Bocchi/Scarrocchia all’interno di Recanati 59, la casa-atelier di Agnese Bocchi e di Tobia Scarrocchia immersa tra gli alberi da frutto e i girasoli della campagna marchigiana.

In un panorama iconico, figlio di una tradizione rurale secolare, vengono allestiti tutti i fine settimana del mese di agosto tre spettacoli di teatro di ricerca contemporanea accessibili esclusivamente a piccoli gruppi di spettatori. A partire da questo intrinseco rapporto di intimità e prossimità nasce l’idea di allestire al termine di ogni spettacolo un home restaurant a cura di Framare Vergare Contemporanee collocato in una zona panoramica della casa dove consentire al termine degli spettacoli a spettatori e attori di cenare e incontrarsi in maniera informale.

Attrice, regista e direttrice artistica della compagnia, Agnese Bocchi, e Tobia Scarrocchia attore, danzatore e project manager, sono artisti e sono una coppia. Insieme, hanno trasformato una ex casa colonica con corte, allestendovi uno spazio teatrale al chiuso ed una piccola arena all’aperto. Il loro è un viaggio che parte da lontano, dal salotto di casa loro a Bergamo – la città in cui vivono per molti mesi l’anno – e che arriva nella casa colonica di Recanati, oggi al centro di un affascinate progetto in cui l’avvenimento teatrale diventa luogo di incontro intimo e informale tra attori/autori e spettatori, in uno spazio coerente con i contenuti del testo drammaturgico.

Con il progetto di Teatro fuori del teatro a Recanati hanno iniziato nel settembre 2021, non appena la fine del lock-down lo ha consentito. Ogni settimana e per un numero limitato di spettatori hanno presentato al pubblico lo spettacolo “Àbito”, nato all’interno dell’appartamento di Bergamo, riallestito in una versione inedita site-specific nella casa colonica. Il successo dell’esperienza ha spinto la compagnia a riproporre questa estate lo spettacolo “Àbito” (in scena il 10 e 24 agosto ore 20,30) e le due nuove produzioni “Il bambino e la montagna” (che ha debuttato il 4 e 5 agosto, e che torna il 12, 18, 19, 26 agosto ore 20,30), e “La capra” (11 e 25 agosto ore 20,30). Ogni spettacolo si fonda su linguaggi teatrali performativi e coreografici non verbali, visivi, allusivi e metaforici, in cui il significato dell’esperienza artistica-estetica vissuta si costruisce a partire dai punti di vista e dal confronto tra performer e pubblico. Info e prenotazione obbligatoria sul sito della compagnia.

Il bambino e la montagna è una vicenda di affetto e prossimità di una donna, Ostinata, e un bambino, Kristofer. Questo spettacolo si svolge nell’aia, la corte di casa di Recanati 59, il luogo di incontro e relazione della tradizione contatina.

La Capra è uno spettacolo che si svolge in natura, nell’arena all’aperto della casa colonica. Il paesaggio è la cornice in cui si svolge la vicenda, il tramonto diventa la luce di scena in quell’ora di passaggio tra il giorno e la notte. In quell’ora si inscena in maniera astratta e frammentaria un processo in piazza incentrato sulla pena di morte.

Abito è uno spettacolo immersivo e voyeuristico. È come spiare dalla toppa della serratura la vita di una coppia che non esce mai di casa.

La Capra, il nuovo spettacolo della compagnia teatrale Bocchi/ Scarrocchia

Bocchi/Scarrocchia, Agnese e Tobia, che tipo di ricerca è la vostra? E perché avete deciso di sperimentare questo progetto artistico nelle Marche?

«La possiamo definire una ricerca contemporanea, il nostro è un tipo di teatro che attraversa diversi linguaggi: c’è la danza contemporanea, il linguaggio performativo, l’uso della parola, una grande ricerca sui costumi e sulle musiche. Per questo teatro fondato sulle immagini si utilizzano spazi non deputati alla rappresentazione, e questo avvicina allo spettatore senza prenderlo per mano e senza portarlo in scena».

Che spazi usate nella casa atelier, e in che modo?

«All’aperto abbiamo ricavato una piccola arena che si affaccia sul monte Conero, con le gradinate cinte dagli ulivi, è una cornice davvero molto suggestiva. Poi ci sono altri spazi nella casa che utilizziamo per fare spettacoli: per l’anteprima del Bambino e la Montagna utilizziamo l’aia, Abito invece è uno spettacolo che si svolge al chiuso, in una sorta di ipogeo ricavato all’interno della casa quando abbiamo iniziato i lavori di ristrutturazione 20 anni fa: in questo spazio di 50 metri quadrati c’è una grande vetrata affacciata sul Conero, gli altri tre lati sono interrati nella collinetta. Per alcuni spettacoli c’è un rapporto molto stretto con la luce del giorno; è il caso, ad esempio, della Capra, dove il calare del sole e il tramonto è insito nella drammaturgia e diventa parte integrante della scenografia».

Come funziona la serata teatrale?

«Accogliamo gli spettatori su prenotazioni. Le persone ci contattano, il luogo è molto semplice da raggiungere ma siamo in aperta campagna per cui mandiamo la posizione per essere raggiunti. Quando arrivano le persone, restano tutti stupiti dal luogo, che è molto bucolico, tra oleandri querce e olivi, con un giardino digradante sulla collina. I commenti sono sempre wow, nessuno immagina che qui ci sia un teatro».

«Durante lo spettacolo, l’attore rimane attore e lo spettatore rimane spettatore. Però l’idea di portare il teatro fuori dal teatro cambia la relazione tra attori e spettatori: la serata non si esaurisce con la fine dello spettacolo ma si innesca un confronto pieno di curiosità. Si beve e si mangia insieme, ci si conosce, ci sono domande e risposte, curiosità che si aprono, tutto in maniera molto libera ed informale. Si conoscono i vari punti di vista sullo spettacolo, sempre diversi. Si fa esperienza di buona cucina, quella de “Le Vergare contemporanee” che sono due ragazze di Porto Sant’Elpidio – Marta Sbaffi e Francesca Silvan – con il loro mix di cucina delle nonne venete e marchigiane. Quella della cena è una modalità già sperimentata nell’appartamento di Bergamo».

Il bambino e la montagna della compagnia teatrale Bocchi/ Scarrocchia

Siete una coppia anche nella vita. Come avete iniziato a lavorare insieme e come è nato questo progetto teatrale?

«Noi siamo bergamaschi e veniamo nelle Marche perché il ramo paterno della famiglia Scarrocchia ha vissuto nelle Marche, abbiamo questa casa di famiglia da 20 anni a Recanati con un grande giardino in campagna e il legame nasce da lì. Ci siamo conosciuti all’interno di un laboratorio teatrale di Agnese con utenti e familiari legato alla salute mentale a Bergamo, parliamo di di 10 anni fa. Già nel 2016, a Bergamo, avevamo iniziato a lavorare dentro il salotto di casa presentando lo spettacolo “Abito” a piccoli gruppi di spettatori, con un calice di vino un piccolo pasto e qualche chiacchiera dopo lo spettacolo; abbiamo visto che la cosa piaceva molto agli spettatori. Per alcuni anni abbiamo anche fatto dei residenziali estivi nella casa di Recanati, passavamo qui 10 giorni per mettere le basi dei lavori dell’anno successivo, ma era già nell’aria l’idea di impiantare la compagnia teatrale in questa casa. Altri eventi più grandi, come il lock-down, ci hanno fatto accelerare i tempi. Con la casa atelier siamo partiti nel 2021, ci siamo messi al lavoro quando tutto era chiuso, abbiamo realizzato tutti questi spazi e poi a settembre 2021 siamo partiti aprendo al pubblico».

Come è stato fare teatro, e in questa particolare formula fuori del teatro, subito dopo il lock down?

«Ci siamo mossi con grande prudenza e nel rispetto di tutte le regole.. distanziamento, mascherina, piatti monoporzioni per ogni spettatore. C’era tanta voglia di ritornare a vivere la situazione nella normalità, la vera riapertura è stata però l’estate scorsa quando è stato possibile togliersi la mascherina. Il riscontro è stato da subito molto positivo, abbiamo notato che c’era non solo curiosità, ma “fame” e bisogno di questo tipo di proposte»

A quali fonti di ispirazione attingete per i vostri lavori teatrali?

«Pina Bausch è sempre un punto di riferimento per la danza, e anche Maguy Marin per la danza non danza. Grandi motori di ricerca sono anche la pittura, la poesia, le storie e le conversazioni su cui ci confrontiamo. Poi ci sono le Marche, la gentilezza di queste colline secondo noi è estremamente affascinante».