USSITA – Il Rifugio del Fargno, un’oasi di ristoro nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, che da oltre 50 anni accoglie escursionisti da tutta Italia, rappresentando uno dei simboli della rinascita dopo le ferite del sisma.
Da circa tre anni vi lavora stabilmente Federico Claudi, 40enne osimano che da ex imprenditore di successo ha deciso di cambiare completamente vita e ritirarsi tra le montagne dell’Appennino, rinunciando ai fatturati aziendali a sette cifre e a tutte quelle le comodità della vita quotidiana cui siamo normalmente abituati.
«Qui ovviamente non c’è nessun allaccio alla rete elettrica e del gas – ci spiega Federico – niente linea wi-fi, né tantomeno il servizio di nettezza urbana che ti passa a prendere i rifiuti. Fa parte di questo mestiere e della vita del rifugio, ma quei confort sinceramente non mi mancano».
Cosa ti ha spinto a fare questa scelta?
«Il motivo principale è stato rendersi conto che nel mondo commerciale viaggia più una maschera che una persona. Avevo una ditta nel campo dell’edilizia e dell’energia rinnovabile, volevo fare qualcosa di utile e sostenibile per l’ambiente ma mi sono reso conto che l’aspetto economico prevaleva sempre su tutto. Non mi andava più di prendere in giro le persone e sono passato ad approfondire in altro modo la mia passione per la natura. Qui offro un aiuto concreto a chi vuole conoscere meglio la montagna o ha bisogno di ristorarsi in quota. Mi rende più felice vedere il sorriso delle persone piuttosto che avere un conto in banca importante».
Per quanti mesi dell’anno vivi e lavori al Fargno?
«Tutti i mesi tranne quelli invernali. Il rifugio apre quando la neve comincia a sciogliersi e chiude quando ricomincia a nevicare. La neve blocca le strade, le fonti, gli scarichi e l’approvvigionamento. D’inverno in realtà ci sarebbe qualche escursionista più esperto che sale da queste parti, ma si tratta di poche persone che non giustificherebbero il costo dell’elicottero per approvvigionarsi. In quei mesi mi sposto più a valle e lavoro come guida escursionistica».
Qual è l’afflusso di visitatori in questo periodo?
«Dopo il terremoto ci sono stati un paio d’anni di blocco del turismo sui Sibillini, poi pian piano è ripartito e lo scorso anno abbiamo lavorato veramente tanto. Quest’anno forse leggermente meno, probabilmente anche per la riapertura delle frontiere che ha portato gli italiani ad andare all’estero per turismo, ma è anche vero che c’è stata una buona presenza di stranieri qui al rifugio. In generale vedo che c’è passione per la montagna da parte anche di chi si vuole semplicemente approcciare. Forse anche i social aiutano, io personalmente non sono un grande fan del mondo social, ma indubbiamente la condivisione di foto e di esperienze fatte in questi posti è una bella promozione per il turismo».
Cosa ti ha insegnato questa esperienza?
«Che la montagna va rispettata e la montagna ti rispetta se la conosci e sai come approcciarla. Ci sono state tante situazioni di difficoltà in questi anni alle quali ho personalmente assistito, automobili in panne a mezzanotte che siamo andati a recuperare, escursionisti infortunati che abbiamo soccorso perché noi siamo un punto di appoggio del soccorso alpino e qui c’è anche la pista di atterraggio dell’elicottero quando il meteo lo permette. E’ successo anche ad un mio gruppo di amici rimasti bloccati per quattro ore in quota, non riuscivano più a salire nè a scendere e i soccorsi a terra non potevano raggiungerli. Alla fine sono stati recuperati dall’elicottero, ma siccome avevano un cane non è partito Icaro perché non carica animali ed è arrivato l’elicottero marittimo da Cesenatico che fa recuperi in mare».
Il momento più bello della giornata?
«La notte con l’osservazione delle stelle. Abbiamo un telescopio nel rifugio e qui vengono molti astrofili per fare le loro osservazioni. Probabilmente a breve con la prossima luna nuova organizzeremo una serata a tema con un astrofisico. Sarà un bell’evento informativo ed educativo per i clienti che resteranno a cena da noi. E poi qui, soprattutto nei periodi di minore affluenza di turisti, capita spesso di vedere camosci, aquile e lupi. Un’esperienza che solo questi luoghi può darti».
Il tuo futuro sarà ancora qui al Fargno?
«Sicuramente porterò avanti questa esperienza lavorativa al rifugio, ma voglio approfondire anche l’attività di guida escursionistica perché l’informazione limita gli infortuni in montagna e può salvare la vita. Vorrei essere utile a chiunque voglia approcciarsi a questi luoghi in maniera consapevole».