Macerata

Luca Traini, fissato il terzo grado di giudizio. La difesa: «Non fu strage. Nessun odio razziale»

L'udienza è stata fissata al prossimo 20 gennaio. Il giovane tolentinate che la mattina del 3 febbraio 2018 mise sotto assedio la città di Macerata sparando dalla sua auto contro uomini e donne di colore, è difeso dagli avvocati Giancarlo Giulianelli e Franco Coppi

MACERATA – Dodici anni di reclusione per strage aggravata da motivi di odio razziale. È questa la condanna inflitta in primo grado a Luca Traini il tolentinate che la mattina del 3 febbraio 2018 mise sotto assedio la città di Macerata sparando dalla sua auto contro uomini e donne di colore che incontrava per strada (ferendone sei) e contro le vetrine di alcuni negozi tra il capoluogo di provincia e le vicine frazioni di Sforzacosta e Casette Verdini di Pollenza. La condanna fu confermata anche in Appello quando la linea della difesa sostenuta dall’avvocato Giancarlo Giulianelli non fece breccia tra i giudici dorici, ma per il tolentinate il prossimo 20 gennaio ci sarà l’ultima occasione, nel processo dinanzi ai giudici della Suprema Corte.

L’avvocato Giancarlo Giulianelli

In quella data a sostenere le ragioni della difesa ci sarà il noto penalista Franco Coppi che affianca l’avvocato Giulianelli, assente in quell’occasione per un intervento programmato. «Il ricorso – ha spiegato il legale Giulianelli – si basa sulla contestazione del reato di strage, sull’assenza dell’aggravante dell’odio razziale e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche». Per il legale quella di Traini non fu strage ma «semmai un tentato omicidio e una serie di lesioni aggravate. Perché sia configurabile il reato di strage servono due elementi, la circostanza della messa in pericolo della pubblica incolumità e la circostanza dell’unico contesto spazio-temporale. Traini ha sparato mirando a persone ben individuate in punti diversi della città, non si può sommare la messa in pericolo di sei persone che si trovavano in sei posti differenti. Al massimo, quindi, si può parlare di un tentato omicidio e cinque episodi di lesioni aggravate».

Per il legale non sarebbe configurabile neppure l’aggravante dell’odio razziale dal momento che «Traini ha sparato a persone di colore, non per il colore della loro pelle, ma perché riteneva che a Macerata gli spacciatori fossero quasi tutti di colore, lui ce l’aveva con i pusher». Infine la mancata concessione delle attenuanti generiche «che anche la procura chiese in primo grado. Il caso Traini – ha aggiunto l’avvocato – è stato un caso politico e continua ad essere trattato come un caso politico. Lui in questi anni è cambiato, ha chiesto scusa per quello che ha fatto. Lo sento ogni settimana, l’ultima volta è stato lunedì, è sereno anche se comincia a sentire il peso del carcere dopo tre anni. Dodici anni rappresentano una pena esorbitante rispetto al fatto».