MACERATA – «Si tratta di uno dei più ingenti sequestri antimafia effettuati nel distretto della Corte d’Appello di Ancona e senz’altro uno dei più significativi per quello che noi possiamo ricordare per la provincia di Macerata». A puntualizzarlo è stato il direttore del Servizio centrale anticrimine Giuseppe Linares che, intervenendo oggi in conferenza stampa in merito al maxi sequestro di beni immobili e disponibilità economiche per un valore di circa 6 milioni di euro a un imprenditore edile e immobiliare di Mogliano, ha evidenziato anche che «per diversi anni è stato indagato per una serie di reati tra cui bancarotta, false fatturazioni e millantato credito, che gli hanno consentito di ottenere provviste in nero che sono state reimpiegate all’interno di queste aziende. Questo bagaglio di elementi è stato già fotografato dal Tribunale della Prevenzione che aveva giudicato con sentenza definitiva questo soggetto come socialmente pericoloso».
A scendere più nel dettaglio dell’attività è stata la dirigente della Divisione anticrimine di Macerata, il vice questore Patrizia Peroni: «È un procedimento di prevenzione, ci saranno accertamenti e un contraddittorio. La segnalazione di questo imprenditore ci viene dall’Arma dei carabinieri, come input iniziale. Noi come ufficio anticrimine lavoriamo tantissimo con tutte le compagini che sono sul territorio in maniera capillare. Il Servizio centrale anticrimine ci ha dato subito ausilio perché abbiamo capito sin da subito che il soggetto aveva una mole di beni mobili e immobili grandissimo, soprattutto c’era da analizzare una serie cospicua di conti correnti, di situazioni bancarie di non facile lettura. Abbiamo analizzato a fondo tutte le singole storie di ogni società, dal 2000 in poi sono circa una 20ina le società che l’imprenditore ha aperto e chiuso, alcune sono fallite altre le ha chiuse, di alcune lui è semplicemente dipendente, quando non c’è lui c’è qualche familiare stretto. Abbiamo chiesto il contributo di altre questure perché i territori investiti da questa misura patrimoniale sono anche fuori provincia. L’imprenditore si è mosso, così come anche alcuni familiari, per entrare nelle iscrizioni in White list, per avere accesso ai finanziamenti per la ricostruzione, ma opportunamente sono stati sempre fermati. Il monitoraggio continua, ma per il momento non ha ottenuto alcun finanziamento».
È stato il procuratore Giovanni Narbone a sottolineare l’importanza delle misure di prevenzione: «L’idea di fondo è quella di colpire i patrimoni, l’importanza di oggi è che viene eseguita una misura in un territorio dove questo tipo di misura non è così frequente. Qui non stiamo parlando di mafia, né di camorra, né di ‘ndrangheta, ma il fatto che anche in questo distretto vengano svolti accertamenti di questo tipo credo che sia un buon segnale.
C’è poi da precisare che siamo all’inizio, adesso si apre il contraddittorio, ci saranno delle udienze davanti al Tribunale di Ancona alle quali parteciperemo in modo attivo, poi ci sarà l’esito del procedimento e noi ci auspichiamo la conferma della misura alla luce delle difese».
A fargli eco il collega Claudio Rastrelli, procuratore facente funzioni fino al suo arrivo: «È stata fatta un’analisi molto attenta di tutti quelli che sono i beni del soggetto ritenuto socialmente pericoloso, sono stati individuati tutti i beni immobili, le disponibilità economiche. In questa analisi la capacità è stata quella di riuscire a ricostruire un patrimonio allargato che riguarda non soltanto il soggetto interessato dalla misura ma anche i familiari e altre persone a lui legate. In questa fase abbiamo proposto e il Tribunale di Ancona ce lo ha confermato, la genesi comune di questo patrimonio allargato. La misura di prevenzione è retta dal principio della correlazione temporale fra la pericolosità sociale e l’acquisto dei beni, se ha comprato beni in passato con profitti derivanti da reati può essere sottoposto alla misura di prevenzione». Il questore Vincenzo Trombadore ha evidenziato l’importanza della collaborazione per ottenere risultati importanti sul territorio per poi aggiungere che: «dopo la misura di prevenzione della sorveglianza sociale disposta nel 2020 ci siamo concentrati sull’aspetto patrimoniale. Si è trattato di una attività laboriosissima connotata da minuziose verifiche tecniche per accertare elementi che riconducevano ad un accumulo di ricchezze non giustificato da parte di questo imprenditore».
Sul maxi sequestro è intervenuto anche il difensore dell’imprenditore, l’avvocato Gabriele Cofanelli che ha puntualizzato: «In conseguenza delle notizie apparse sugli organi di stampa e soprattutto allo scopo di chiarificare, per quanto possibile, una vicenda di certo particolarmente complessa ed articolata così come presente sia dinanzi il Tribunale Penale di Palermo che dinanzi i Tribunali territoriali, nella mia qualifica di difensore di fiducia sono a specificare quanto segue: nel procedimento su Palermo ed a carico del mio assistito l’unico elemento su cui la Pubblica Accusa muove una censura di carattere penale è caratterizzato dall’importo di 5.000 euro così come dettato da una singola operazione bancaria; la modestia dello stesso importo e l’assenza di ulteriori elementi indiziari hanno comunque permesso un rinvio a giudizio privo di qualsivoglia misura limitativa de libertate e soprattutto senza che al mio assistito venisse formulata una accusa di natura associativa di qualunque stampo essa fosse.
Allo stato la misura patrimoniale disposta sembrerebbe involgere una serie di società sulle quali il mio assistito ha perduto da anni ogni e qualsivoglia cointeressenza, sia essa di natura formale che sostanziale, tanto che in previsione dell’udienza fissata per il giorno 5 maggio 2023 questa difesa si riserva il deposito di una completa analisi tecnico-contabile che possa attestare non solo l’estraneità del soggetto gravato ma soprattutto l’assenza di un concreto collegamento con associazioni di natura criminosa».