MACERATA – Centoventimila euro in tre mesi ottenuti con la minaccia di presunti legami con camorristi. Questa mattina 11 dicembre i carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto operativo e della Sezione Operativa del nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Macerata hanno arrestato un 45enne di Treia e un 39enne di San Giorgio a Cremano (NA). L’accusa nei loro confronti è di estorsione aggravata. I militari all’alba si sono presentati alle abitazioni dei due per eseguire l’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari col braccialetto elettronico emessa del gip del Tribunale di Macerata Giovanni Maria Manzoni su richiesta del pubblico ministero Rita Barbieri.
Le indagini erano scattate dopo la denuncia della donna che, a luglio scorso, si era presentata dai carabinieri riferendo di essere stata vittima di una truffa poi sfociata in estorsione. Ai militari aveva raccontato tutto quello che le era accaduto con estrema precisione partendo dall’inizio, dallo scorso aprile quando era stata contattata dal treiese, amico del fratello, che le aveva chiesto di pagare 11.000 euro per concludere una transazione avviata con il fratello per l’acquisto di un’auto. Prima di pagare la cifra richiesta la donna si era confrontata col fratello che le aveva confermato la circostanza assicurandole che le avrebbe restituito l’intera somma. Rassicurata dal fratello la donna aveva fatto il primo bonifico, ma poi la vicenda prese una piega inaspettata.
Secondo la ricostruzione degli investigatori il treiese avrebbe iniziato a chiedere alla donna il pagamento di ulteriori somme di denaro con la minaccia che i napoletani che lui contattava erano persone senza scrupoli e spietate, appartenenti alla Camorra e che non fare quei pagamenti avrebbe potuto essere pericoloso. Un giorno il treiese, alla presenza della vittima, aveva effettuato una telefonata al campano mettendolo in vivavoce per far sentire alla donna l’accento napoletano dell’interlocutore e dare così più credibilità alle minacce. Per l’accusa i due indagati, ritenuti “molto scaltri”, avrebbero cercato di dare una parvenza di legalità alla loro attività emettendo fatture per lavori in realtà mai realizzati a “giustificazione” dei bonifici eseguiti dalla donna. Alla fine da aprile a luglio, la vittima avrebbe versato 120.000 euro a beneficiari diversi di volta in volta indicati dai due.
Per il gip i due indagati vivrebbero dei proventi della loro attività criminosa: da una decina di anni non avrebbero presentato la dichiarazione dei redditi e il campano, che nel frattempo ha ottenuto il reddito di cittadinanza, è stato trovato con oltre 20.000 euro in contanti nella sua abitazione. I due indagati sono difesi dagli avvocati Vanni Vecchioli e Luigi Alaia del foro di Nola. A breve saranno fissati gli interrogatori di garanzia. «Nelle prossime ore leggeremo le contestazioni, il mio assistito rigetta gli addebiti, sicuramente i fatti saranno ridimensionati», ha commentato l’avvocato Vecchioli.