FERMO – Le Marche in prima linea per l’edizione 2020 del Micam, il salone internazionale del calzaturiero, che si svolge a Milano da domenica 16 a mercoledì 19 febbraio. Sono 161 le aziende marchigiane che prenderanno parte all’evento: circa il 13,4% del totale degli espositori (1.200) e quasi un terzo delle presenze italiane (577). Centosei le aziende che provengono dalle province di Fermo e Ascoli Piceno, 50 quelle dal maceratese; 5 quelle provenienti da Ancona e Pesaro-Urbino.
«Il Micam si conferma essere un appuntamento fieristico di grande importanza, una vetrina di notevole rilievo per il nostro distretto a livello internazionale», ha spiegato il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, partecipando alla presentazione dell’edizione 2020 della kermesse milanese presso la sede fermana della Camera di Commercio delle Marche. Il primo cittadino ha ricordato che il comparto calzaturiero «è una voce fondamentale dell’economia distrettuale e provinciale» e non ha fatto mancare, «in questo particolare momento congiunturale, la vicinanza a imprese e imprenditori di un settore che conta livelli occupazionali importanti per il territorio».
Secondo dati forniti da Assocalzaturifici, nel corso del 2019 il distretto marchigiano ha perso 122 imprese e 1.251 addetti ed è primo in Italia per numero di ore di cassa integrazione autorizzate: 2,7 milioni, un terzo del totale nazionale, con una crescita del 48% rispetto al 2018.
Un bilancio più pesante rispetto a quello degli altri distretti produttivi italiani, che pure hanno chiuso l’anno con perdite di imprese e posti di lavoro. «Non c’è nulla al mondo più del Micam che possa presentare a una platea internazionale le nostre calzature – ha affermato il presidente della Camera di Commercio delle Marche, Gino Sabatini -. Vorrei però che fosse occasione per dare concretezza definitiva al dossier “Made in Italy“, considerata anche la presenza di qualificati esponenti del governo».
E prosegue: «Siamo abituati a ritenere che la difesa delle calzature italiane debba essere fatta solo fuori dai confini nazionali: credo che dovremmo partire da casa nostra, da misure strutturali che siano in grado di sostenere le imprese del settore. Che senso ha parlare di belle scarpe prodotte in Italia se da dieci anni a questa parte le aziende chiudono e perdiamo manodopera che il mondo ci invidia?».
«È molto grave l’inversione di tendenza nella disponibilità di risorse per le attività a sostegno del Made in Italy – ha sottolineato Valentino Fenni, presidente dei calzaturieri di Confindustria Centro Adriatico –: nella finanziaria del 2019 erano previsti 120 milioni, in quella del 2020 sono diventati 45 e nel bilancio 2021 caleranno a 40 milioni». «Le criticità sono evidenti, ma c’è anche la volontà degli imprenditori di superare le ansie generate da un mercato interno ancora debole e da quello estero sul quale pesano le insicurezze, in particolare legate a fattori geopolitici e al protezionismo diffuso dove il tema Cina va affrontato con lucidità e visione, per trasformare la crisi in opportunità».
Matteo Piervincenzi, presidente dei calzaturieri di Macerata, ha evidenziato le necessità del settore: «Incentivare la crescita dimensionale delle aziende, tramite processi di aggregazione, maggiore attenzione alle esigenze delle nuove realtà produttive che lavorano per i marchi internazionali, promozione strutturata del prezioso patrimonio di competenze e delle peculiarità del distretto e del territorio attraverso la ShoesValley. E poi lo sviluppo di opportunità legate alla dichiarazione di area di crisi industriale complessa, la creazione di una piattaforma e-commerce territoriale e, soprattutto, la formazione per aiutare le imprese a gestire il cambiamento e per proteggere e valorizzare il nostro Made in Italy». «Dobbiamo mantenere salda nelle nostre mani la regia dei nostri destini – ha concluso – e non lasciarla a realtà che non ci appartengono, come i grandi marchi, la grande distribuzione, le piattaforme globali di e-commerce».
Secondo Paolo Silenzi, Presidente Cna Fermo: «Le aspettative nei confronti del Micam sono sempre alte, in quanto fiera di riferimento del nostro comparto; il clima di incertezza che caratterizza il settore su cui pesa il fattore Coronavirus, pensiamo possa influenzare negativamente non solo sulla presenza dei cinesi ma anche su quella di buyer delle aree limitrofe alla Cina. Penso in particolare ai giapponesi, clienti fidelizzati e sempre culturalmente pronti a recepire qualità e innovazion».
LEGGI ANCHE: Il Micam e la paura del Coronavirus
L’auspicio del presidente della Provincia di Fermo, Moira Canigola, è che «il tema scelto quest’anno, Micam in the Wonderland, sia oltre che un modo per esorcizzare le difficoltà degli operatori in un mondo sempre più complesso e dare loro una spinta a guardare il mondo e i mercati che lo compongono con forza e coraggio ritrovati, perché tutti questo può consentire una forte e duratura ripartenza del distretto calzaturiero». Canigola ha anche sottolineato il raggiungimento di un obiettivo «che, a livello locale insieme a tutte le associazioni di categoria e attraverso il Tavolo di competitività e sviluppo ci siamo posti: l’ottenimento di risorse importanti per aiutare gli investimenti e le politiche attive del lavoro». Con la firma del Prri (Progetto di riqualificazione e riconversione industriale), «arriveranno 30 milioni di euro di aiuti per investimenti nel settore calzaturiero e non solo, che quindi possono costituire la base per una ripartenza che ci permetta di guardare il futuro con un pizzico in più di speranza».
Ecco le parole di Lorenzo Totò, vice presidente di Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli-Fermo: «Non c’è dubbio che la nostra associazione ritiene il Micam ancora la più importante sede e vetrina di vendita della calzatura, luogo e momento di riflessione e di aggregazione fondamentale per le nostre imprese. Ritengo però opportuno fare anche una riflessione sul fatto che molte aziende, nonostante la grande importanza, stanno pensando o addirittura già rinunciando alla partecipazione. Grazie all’intervento puntuale e al sostegno della Camera di Commercio delle Marche si riduce molto l’investimento che le PMI devono affrontare, ma comunque incide molto nei bilanci delle aziende e negli ultimi anni non è compensato dalle vendite o dai contatti con nuovi buyer. Mi chiedo se oggi non siano più importanti le cosiddette infrastrutture immateriali, che ci aiutino nel cambiamento culturale, generazionale, del modello di business, nuove gestioni delle relazioni, nuove modalità organizzative di vendita e di propaganda del distretto maceratese-fermano».