Macerata

Moda, l’allarme di Cna: «Calo del fatturato di circa il 90% per il 2020»

Molto in difficoltà le modellerie che considerano di riaprire non prima del prossimo anno. Per il 2020 più della metà delle aziende dichiara una diminuzione compresa tra il 33% e il 66%

moda, tessile

Secondo l’indagine commissionata dalla Cna Federmoda alla LocalGlobal per analizzare l’impatto del Covid-19 sulle imprese del settore, la produzione, il fatturato, la liquidità e gli investimenti hanno risentito in maniera negativa dell’emergenza sanitaria e del lockdown.

«Lo studio – annuncia Alessandro Migliore, direttore Cna e responsabile Federmoda per Macerata e Fermo – condotto su un campione di 500 aziende, rileva preoccupazioni in linea con quelle segnalate dalle imprese del nostro distretto, a conferma della dimensione dell’impatto del Covid e del lockdown sul comparto moda».

«Come Cna rileviamo un passaggio significativo, relativo alla difficile situazione vissuta dalle modellerie, che genera uno stallo che temiamo potrebbe protrarsi ancora per mesi – ha aggiunto il presidente dell’associazione di categoria fermana Paolo Silenzi -. Se la filiera soffre la mancanza di commesse, il reparto modelleria non lavora: infatti l’azienda, in questo momento, non è propensa né al rinnovamento dei campionari né a investire in ricerca e sviluppo. Facendo a meno della professionalità del modellista, porta sul mercato un prodotto sufficiente ma che manca di innovazione, che è stata invece la caratteristica della calzatura made in Fermano-Maceratese. Le previsioni per il 2020 parlano di un calo del fatturato per l’85,9% delle imprese intervistate, con più della metà di queste che dichiara una diminuzione compresa tra il 33% e il 66%».

Da sinistra Paolo Silenzi, presidente Cna Fermo e Alessandro Migliore, direttore di Cna Fermo

«Di fronte a difficoltà importanti riguardo a ordini, commesse e gestione finanziaria – ha proseguito Migliore -, la ripresa dell’attività dopo una media di 6 settimane di blocco di produzione, non impedisce la perdita di almeno un terzo di fatturato. Inoltre, meno del 10% delle aziende conferma per l’anno in corso gli investimenti programmati mentre aumenta invece l’indebitamento, con i contributi mirati a coprire i costi e fronteggiare i ben noti problemi di liquidità». Riguardo i mercati di riferimento «molti sono chiusi – ricorda Migliore – come a esempio quello degli Stati Uniti, ma ciò che manca in generale è la propensione all’acquisto dei prodotti moda da parte consumatori, che ad oggi è molto flebile. I prodotti presenti nel retail risentono delle preoccupazioni sanitarie ed economiche che si aggiungono alle difficoltà nell’interpretare il mercato e nel promuovere le collezioni».

«Il sentimento rilevato dall’indagine – ha concluso Silenzi – è in linea di massima di una “ragionevole preoccupazione” per il futuro da parte delle aziende, con una maggiore fiducia riposta nel 2021. Un approccio non del tutto catastrofico confortato in parte anche dai numeri relativi alla demografia d’impresa del secondo trimestre 2020 che vede su un totale di 18.153 imprese attive nel Fermano (saldo iscrizioni/cessazioni pari a +65) e una crescita di 14 unità nel comparto del manifatturiero».

A testimoniare le difficoltà sono gli stessi imprenditori e lavoratori. «La situazione reale è peggio di quella che ci si prospettava all’inizio – ha spiegato Massimo Giorgini della modelleria Giomas di Civitanova -. Noi ci occupiamo di fondi per le calzature e quindi siamo la parte iniziale della filiera; se pensiamo a delle previsioni benevole ricominceremo a lavorare a gennaio o forse febbraio perché chi aveva lavorato lo scorso anno sull’invernale probabilmente ripresenterà ciò che era stato fatto e quindi parliamo di una perdita di quasi tutte e quattro le stagioni».

«Bisognerebbe fare in modo che la nostra categoria, che porta avanti il Made in Italy, sia supportata almeno nel coprire i costi finché non si riallinea il mercato altrimenti rischiamo licenziamenti con la conseguente perdita del personale e delle risorse umane da noi formate – conclude Giorgini -. Quando finirà la cassa integrazione a settembre cosa succederà? Considerate che noi siamo ancora in attesa di quella di aprile e i soldi chiesti a fondo perduto ancora non arrivano; la situazione è molto più grave di quella che sembra».