MACERATA- Con minacce di vario tipo avrebbero convinto una donna a pagare, nel giro di un mese, oltre 100.000 euro. «Le persone di Napoli contattate – sarebbe stata una minaccia -appartenevano alla Camorra ed erano persone senza scrupoli e spietate e non fare quei pagamenti avrebbe potuto essere pericoloso». Oggi il gup del Tribunale di Macerata, Claudio Bonifazi, ha rinviato a giudizio un 46enne maceratese residente a Treia e un 40enne di San Giorgio a Cremano, accusati di estorsione aggravata. Il processo a loro carico si aprirà il 22 dicembre del 2023. La vittima, una donna di Montecassiano, si è costituita parte civile con l’avvocato Piergiovanni Cicconi Massi del foro di Ancona chiedendo un risarcimento di 130.000 euro (di cui 105.000 di soli danni patrimoniali) e una provvisionale di 40.000 euro.
La vicenda era venuta alla luce a luglio dello scorso anno quando la donna denunciò di essere stata vittima di una truffa sfociata poi in estorsione. I fatti contestati sarebbero avvenuti nell’arco di un mese, da aprile a maggio 2021 a Montecassiano. All’epoca il fratello della vittima acquistò un’auto insieme al 46enne anticipando 18.000 euro e la sorella per quell’acquisto prestò al fratello 11.000 euro. Secondo la ricostruzione accusatoria – il fascicolo è del pubblico ministero Rita Barbieri – dopo quei pagamenti il 46enne avrebbe minacciato la vittima dicendole che se non avesse effettuato un bonifico istantaneo di 29.700 euro non avrebbe restituito né gli 11.000 euro che lei aveva anticipato né i 18.000 del fratello. La donna allora pagò. Poi però sarebbero seguite altre richieste di denaro a cui avrebbero fatto seguito altri pagamenti avvenuti tramite assegni circolari e bonifici, con la minaccia che i napoletani che il 46enne contattava «appartenevano alla Camorra ed erano persone senza scrupoli e spietate e che non fare quei pagamenti avrebbe potuto essere pericoloso».
La vittima si sarebbe quindi decisa ad emettere un assegno da 11.000 euro, poi aveva effettuato un bonifico da 34.299 euro, poi un altro bonifico da 5.000 euro, altri due da 13.222 e da 100 euro e una ricarica su una Poste pay da 997 euro. A dicembre scorso i due imputati finirono agli arresti domiciliari (adesso sono in libertà), ma tramite gli avvocati Vanni Vecchioli (per Pranzetti) e Luigi Alaia del foro di Nola (per Minale), hanno sempre rigettato gli addebiti. Questa mattina non hanno richiesto riti alternativi e il giudice li ha rinviati a giudizio fissando l’inizio del processo al 22 dicembre del 2023.