MACERATA – Una nutrizionista per ricontrollare e aggiornare il menù delle mense scolastiche. Questa una prima risposta che il Comune ha voluto dare alle famiglie per fugare alcuni dubbi emersi in queste settimane dopo l’avvio della riorganizzazione del servizio in cinque plessi cittadini. Il Comune si è affidato a Renata Alleva, docente del master di Agricoltura Biologica e di Scienza della Salute all’Università di Bologna, che già segue altre mense in Italia, per migliorare la qualità dei piatti serviti.
«La Alleva, che è già consulente per altre mense scolastiche e per importanti aziende del bio, studierà il nostro menù, fermo da molti anni, e lo migliorerà rendendolo maggiormente aderente alle più moderne linee di indirizzo della ristorazione scolastica – spiega l’assessore Katiuscia Cassetta -. Come avevamo già anticipato, il programma di riorganizzazione prevede non solo la revisione organizzativa del servizio, ma anche un forte valore aggiunto che si completa con la previsione di investimenti specifici finalizzati all’implementazione e al miglioramento delle attrezzature da cucina con la destinazione di risorse certe per la formazione del personale che sarà chiamato ad aggiornarsi sulle tecniche di cottura e di produzione dei pasti».
La questione delle mense, tornata nuovamente all’esame anche del consiglio comunale con un ordine del giorno presentato da Pd, ha suscitato anche la forte presa di posizione di Pierfrancesco Castiglioni, capogruppo di Fratelli d’Italia, che ribadisce come «l’intento dell’amministrazione è solo quello di ottenere un miglioramento del servizio sotto l’aspetto qualitativo, quantitativo e sanitario». Guardando ai numeri, infatti, secondo Castiglioni non si può parlare di qualità «se finora solo in una mensa su 13 è presente l’abbattitore, sapendo che è necessario per ridurre i rischi di proliferazione microbica. Per quanto riguarda ciò che l’ex assessore Monteverde definisce “la qualità delle MenseVerdeBio” noi riteniamo che la qualità non possa essere garantita nel momento in cui si è rinunciato a ricorrere alle forniture a Km zero, per ricorrere a un grande unico distributore che prende la merce da tutta Italia, con tutti i rischi conseguenti all’effettivo controllo sul fatto che, ad esempio, accanto ad un campo bio vi sia un campo convenzionale. Non sarebbe allora più opportuno ritornare a fornitori locali, coinvolgendo anche i comitati mensa e magari facendo aggregare i nostri produttori locali in cooperative?».
«Infine bisognerà pur chiedersi il perché Jesi, settima classificata nella classifica di FoodInside, è passata da 9 cucine con 12-13 cuochi, ad una sola con dotazione all’avanguardia – conclude Castiglioni – o il perché se si vanno ad analizzare i dati nazionali delle mense delle città più virtuose si evidenzia che il sistema, il modello di riferimento non è quello attualmente adottato dal nostro Comune, ma quello verso cui si vuole andare. Una cosa è certa: non si può pensare che la maggioranza in Consiglio sia tanto autolesionista da volere, tra i primi suoi atti amministrativi, modificare qualcosa che già funziona solo per farsi criticare».