Macerata

Omicidio della 19enne Azka, ergastolo per il padre confermato in Cassazione

I giudici della Suprema corte nella tarda serata di ieri hanno rigettato il ricorso presentato dai legali del muratore pakistano 48enne. Il delitto avvenne il 24 febbraio 2018 a Trodica di Morrovalle

MORROVALLE – La decisione è arrivata nella tarda serata di ieri: la Sezione Prima della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna all’ergastolo per Muhammad Riaz, il muratore pakistano di 48 anni accusato dell’omicidio della figlia 19enne Azka.

Non ha superato il vaglio dei giudici romani il ricorso presentato dai legali Francesco Giorgio Laganà e Flavio Rossi Albertini che avevano evidenziato vizi di motivazione ed errori processuali nella sentenza di secondo grado emessa dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Ancona che il 10 febbraio 2021 avevano confermato la condanna già inflitta in primo grado dai colleghi maceratesi all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi per i reati di omicidio volontario aggravato della figlia Azka Riaz, violenza sessuale nei suoi confronti e maltrattamenti nei confronti di tutti e quattro i figli. Fatti, questi ultimi, avvenuti tra Montelupone e Recanati tra il 2014 e il 2017.

Il delitto invece risale al 24 febbraio del 2018, pochi giorni dopo Azka avrebbe dovuto testimoniare in Tribunale contro il padre nel procedimento aperto a suo carico per maltrattamenti e violenza sessuale. Quel giorno padre e figlia erano stati a Civitanova a comprare una valigia, al ritorno Riaz scelse di percorrere la strada provinciale 485, una strada ad alto scorrimento, priva di illuminazione e con poche case abitate, oltretutto quella sera la visibilità era ancora più scarsa di una normale sera invernale perché pioveva copiosamente. Erano circa le 19.30 quando una Ford C-Max su cui viaggiava una coppia di origine straniera investì la giovanissima lungo la provinciale nel territorio di Trodica di Morrovalle. Inizialmente il pubblico ministero di turno, Micaela Piredda, contestò al padre della vittima il reato di omicidio preterintenzionale aggravato ipotizzando che dopo un litigio scoppiato in macchina al culmine del quale Azka era stata picchiata, la giovane fosse scappata dal genitore cadendo a pochi metri di distanza, sulla strada, per poi essere investita.

L’avvocato Paolo Carnevali

Ma nel corso del processo di primo grado il pubblico ministero Rita Barbieri modificò l’originaria contestazione in omicidio volontario aggravato: per la Procura il padre dopo aver brutalmente percosso la figlia, ne aveva deposto il corpo sulla carreggiata per farlo travolgere – come poi avvenne – da un’auto in transito. La difesa in aula sostenne una versione differente: l’auto su cui viaggiavano Muhammad e Azka si era fermata a seguito di un guasto e mentre il padre tentava di ripararlo, la figlia era scesa in strada (sotto la pioggia) ascoltando la musica con le cuffie quando era stata investita da un’auto. Ma sia l’automobilista della Ford che la moglie, sentiti nell’immediatezza dei fatti e successivamente nel corso del processo di primo grado, affermarono che al momento dell’incidente la ragazza era già stesa a terra e non in piedi, come sostenuto dall’imputato. Una circostanza, questa, confermata anche dagli accertamenti effettuati dal consulente della Procura, l’ingegner Lucio Pinchera, sull’auto che non presentava i tipici segni di investimento pedonale (dovuti al caricamento del pedone), ma limitati danni alla parte inferiore del paraurti (dovuti al sormontamento del corpo).
In secondo grado la Corte d’Assise d’Appello di Ancona confermò quanto stabilito dai colleghi maceratesi, per i giudici dorici l’omicidio di Azka era stato «il fatto più grave e il culmine della condotta violenta iniziata anni prima nei confronti dei figli da parte di un uomo, Muhammad Riaz, che, al di là dell’apparente remissività, era un “padre-padrone” in ogni senso, aduso all’aggressività e alla violenza in ambito familiare e privo di ogni senso morale». La sentenza fu impugnata in Cassazione e ieri la decisione: ricorso rigettato. «Sinceramente me l’aspettavo che la Cassazione confermasse il giudizio di secondo grado – ha commentato l’avvocato Paolo Carnevali, parte civile per l’unico dei figli di Riaz ancora minorenne -. È la fine di una bruttissima storia dove purtroppo la giovane Azka non avrà comunque un futuro».