CIVITANOVA – Era la tarda serata dell’8 agosto dello scorso anno quando un tunisino di 30 anni, Rachid Aamri, morì al pronto soccorso dell’ospedale di Civitanova dopo essere stato raggiunto da una coltellata inferta all’altezza dell’emitorace superiore sinistro. Oggi un connazionale 27enne, cugino di secondo grado della vittima, accusato di omicidio volontario e porto di coltello, ha chiesto tramite i propri difensori di essere giudicato con rito abbreviato, l’udienza è stata rinviata al 28 settembre per la discussione. La difesa: «Abbiamo prodotto documentazione che attesta l’avvenuto versamento di soldi alla famiglia della vittima, non è certo un risarcimento ma, diciamo, un segno di buona volontà». I parenti della vittima non si sono costituiti parte civile. La posizione del coindagato, un connazionale 39enne attualmente irreperibile, è stata stralciata.
Il delitto, dunque, risale all’8 agosto scorso ed era avvenuto sul lungomare Sud di Civitanova nelle vicinanze del parco Palatucci. Aggressore e vittima, che all’epoca vivevano a Porto Sant’Elpidio, si erano dati appuntamento a Civitanova per dei chiarimenti. Per gli inquirenti quella sera con il 27enne c’era anche il connazionale attualmente irreperibile (difeso d’ufficio dall’avvocato Marco Gasparri). La discussione tra i due cugini si sarebbe fatta sempre più accesa finché il 27enne aveva estratto un coltello e aveva sferrato un fendente contro il cugino all’altezza dell’emitorace superiore sinistro. Il 30enne era stato soccorso nell’immediatezza da uno straniero e portato da un giovane in ospedale, ma giunto ormai in condizioni gravissime al pronto soccorso, i medici non riuscirono a evitare il tragico epilogo.
Immediatamente scattarono le indagini in prima battuta condotte dai poliziotti del commissariato di Civitanova e della Squadra Mobile di Macerata, poi affiancati dai carabinieri della Compagnia di Civitanova e del Roni di Macerata. Sulla scena del delitto fu rinvenuto e sequestrato un coltello sporco di sangue, poi furono acquisite le immagini registrate dalle videocamere di sorveglianza della zona, furono sentiti alcuni testimoni e furono analizzati i telefoni della vittima. Dagli elementi emersi gli inquirenti riuscirono a ricostruire la dinamica dell’aggressione e l’identità del presunto aggressore individuato nella provincia di Fermo. Il cugino della vittima fu fermato il giorno successivo al delitto, si nascondeva sotto un balcone di una palazzina a Porto Sant’Elpidio dove vive un parente del tunisino.
Dopo il delitto il pubblico ministero titolare del fascicolo, Stefania Ciccioli, dispose l’autopsia affidando l’incarico al medico legale Roberto Scendoni. All’accertamento irreperibile partecipò anche un consulente di parte nominato dalla difesa del 27enne, il medico legale Massimo Mentili. Nel frattempo fu individuato anche un altro tunisino che per gli inquirenti avrebbe partecipato moralmente e materialmente al delitto, il 39enne, irregolare in Italia e ora irreperibile. Dopo la chiusura delle indagini la posizione di quest’ultimo è stata stralciata. Oggi dinanzi al giudice dell’udienza preliminare Claudio Bonifazi e al pm Ciccioli, i legali del 27enne, gli avvocati Francesco De Minicis e Giuliano Giordani, hanno depositato sia i documenti che attestano il versamento di circa 7.000 euro ai familiari della vittima, «come segno di buona volontà», ha spiegato l’avvocato De Minicis sia delle foto della ferita che l’imputato ha riportato alla testa la sera dell’omicidio che, a suo dire, sarebbe stato provocato da un colpo inferto dalla vittima con un bastone. Poi la richiesta di abbreviato. I parenti della vittima non si sono costituiti parte civile.