MACERATA – Era fissato per questa mattina il processo in Cassazione per Innocent Oseghale, il nigeriano 33enne condannato all’ergastolo per aver violentato, ucciso e fatto a pezzi la ragazzina di 18 anni romana Pamela Mastropietro il 30 gennaio del 2018. Per un legittimo impedimento del difensore però l’udienza è stata rinviata al prossimo 23 febbraio.
Pamela morì il 30 gennaio di quattro anni fa nell’appartamento mansardato preso in affitto dalla compagna di Oseghale in via Spalato a Macerata, i resti della ragazzina furono ritrovati l’indomani in due trolley abbandonati sul ciglio della strada a Casette Verdini di Pollenza. In primo e secondo grado il nigeriano è stato giudicato colpevole di tutti i reati che gli venivano contestati e condannato al carcere a vita con isolamento diurno per 18 mesi. La sentenza emessa dai giudici della Corte d’Assise di Appello di Ancona il 16 ottobre 2020 era stata impugnata dai difensori del 33enne, i legali Simone Matraxia e Umberto Gramenzi che ne hanno chiesto l’annullamento.
Sono quattro i punti che gli avvocati porteranno all’attenzione della Corte, la prima riguarda l’inutilizzabilità degli accertamenti tecnici irripetibili effettuati dal medico legale Mariano Cingolani insieme al tossicologo Rino Froldi dal 3 all’8 febbraio 2018. Si tratta dell’autopsia compiuta dai professionisti incaricati dalla Procura, all’epoca, seguendo un orientamento che la Cassazione riteneva legittimo, il sostituto procuratore notificò gli atti relativi agli accertamenti irripetibili all’allora avvocato d’ufficio presso il cui studio Oseghale aveva eletto domicilio e non personalmente al nigeriano che era detenuto in carcere a Montacuto. A febbraio 2020 però le Sezioni Unite stabilirono che la notifica all’imputato detenuto va eseguita presso il luogo di detenzione. Il secondo punto verte sulle prove dell’omicidio che, per la difesa, non porterebbero a quella conclusione e comunque non sarebbero tali da ritenere accertata la responsabilità ogni oltre ragionevole dubbio. I difensori invece ritengono che ci siano diversi elementi che indicherebbero l’assunzione di eroina come causa della morte. Il terzo punto riguarda la mancata concessione della perizia chiesta e negata sia in primo sia in secondo grado. Infine, il quarto puto riguarda la violenza sessuale contestata, per la difesa non sarebbe stata dimostrata la tesi accusatoria (un rapporto avvenuto all’interno dell’abitazione).