MACERATA – Sarà celebrato sabato 2 gennaio alle 15 nella chiesa di Valle Cascia a Montecassiano il funerale di Rosina Carsetti, la casalinga di 78 anni uccisa la sera della vigilia di Natale nella villetta in via Pertini 31 dove viveva con il marito Enrico Orazi, 81 anni, e da un anno anche con la figlia Arianna Orazi, di 48 anni, e il nipote Enea Simonetti di 20 anni. Dopo un problema di natura burocratico che aveva fatto slittare il rito funebre, ieri la procura ha firmato il nullaosta.
Intanto proseguono le indagini per far luce su quanto avvenuto la sera del 24 dicembre scorso nell’abitazione della famiglia Orazi. Dal sopralluogo eseguito martedì sarebbero emersi diversi elementi, “eccellenti” per la difesa, “da verificare se necessario” per la procura. Innanzitutto i segni di effrazione trovati sulla portafinestra della cucina che dà sul retro della villetta da dove, secondo i familiari che sostengono la tesi della rapina finita male, sarebbe entrato il rapinatore. Per gli avvocati Andrea Netti e Valentina Romagnoli dello studio legale Adr, il malvivente sarebbe entrato da lì, ma una volta in cucina si sarebbe trovato di fronte Rosina e l’avrebbe aggredita stringendole le mani attorno al collo. «Non ho ancora avuto modo di leggere alcunché sull’autopsia – ha spiegato il legale che ha ricevuto l’incarico successivamente all’accertamento autoptico –, ma dalle informazioni che ho sarebbero stati rilevati segni sul collo della donna».
Il procuratore Giovanni Giorgio e il sostituto Vincenzo Carusi che hanno iscritto sul registro degli indagati tutti e tre i familiari di Rosina Carsetti per omicidio aggravato in concorso e maltrattamenti in famiglia aggravati in concorso (il nipote è indagato anche per simulazione di reato e favoreggiamento, ndr), non escludono che quei segni di effrazione possano essere stati compiuti appositamente per simulare la rapina. Per questo motivo, per stabilire se le ammaccature trovate sul legno siano recenti o meno e se siano compatibili con un vero tentativo di forzare la finestra oppure fatti solo per lasciare una traccia, il procuratore affiderà l’incarico a un consulente.
Un secondo elemento emerso è una scala blu di ferro appoggiata alla rete che dà sulla casa di Rosina e che si trova in fondo a un vialetto che passa tra il retro della villetta teatro dell’omicidio e un’altra villetta confinante. Gli avvocati non escludono che possa essere stata utilizzata dal rapinatore per entrare nella proprietà degli Orazi, ma il vicino che abita nella villetta confinante ieri ha dichiarato che quella scala è sua, che era stata utilizzata per potare alcune piante un anno fa e che da allora era rimasta lì. Terzo elemento su cui invece dovranno essere effettuati accertamenti è un «qualcosa indossato dal ladro che è rimasto sulla scena del delitto». Così lo ha definito l’avvocato Netti senza voler scendere per il momento nel dettaglio. Intanto, dunque, proseguono gli accertamenti dei carabinieri guidati dal comandante provinciale, il tenente colonnello Nicola Candido, su tabulati, celle telefoniche e telecamere. Ieri mattina in via Pertini e nelle vie limitrofe è tornato il consulente informatico Luca Russo, per effettuare ulteriori accertamenti.
Dal punto di vista delle contestazioni, nel frattempo sono emersi nuovi particolari sulla ricostruzione che sta effettuando la procura. Secondo i magistrati Giorgio e Carusi, il nipote Enea insieme alla mamma e al nonno avrebbe ucciso la nonna 78enne la vigilia di Natale. Tutti e tre sono accusati anche di maltrattamenti aggravati per aver sottoposto Rosy a una coabitazione “umiliante e penosa”, costringendola a subire insulti, minacce, percosse, aggressioni fisiche, danneggiamenti di mobili, “dispetti” e una serie di vessazioni tra cui la sottrazione del cellulare e delle chiavi di un’auto che lei usava.
Probabilmente di queste cose Rosina avrebbe voluto parlare con qualcuno del centro antiviolenza Sos Donna di Macerata dove si era recata il 19 dicembre scorso accompagnata da un’amica. L’operatrice le aveva fissato un appuntamento con l’avvocatessa del centro, Egle Asciutti, per il 29 dicembre, nessuno avrebbe potuto immaginare che sarebbe stato troppo tardi. «Andiamoci con più calma con le ricostruzioni – ha frenato l’avvocato Netti -, il quadro della vita di questa donna è quasi agli antipodi di come è stato fino ad oggi presentato. Dicono che fosse segregata in casa ed altre cose, ma non è così. La situazione era molto diversa». Il 7 gennaio Enea Simonetti sarà interrogato dagli inquirenti ma è probabile che il giovane decida di seguire la linea suggerita dall’avvocato, ovvero di avvalersi della facoltà di non rispondere.