Macerata

Omicidio di Rosina Carsetti, in aula sfilano i testimoni della difesa

Presenti sette testimoni su dodici citati, dei cinque assenti per tre è stato disposto l'accompagnamento coattivo per la prossima volta, a due invece c'è stata la rinuncia a sentirli

MONTECASSIANO – Una ristoratrice, la direttrice del carcere di Pesaro, un giovane che avrebbe avuto un piccolo incidente con l’auto con Rosina Carsetti, il medico dell’anziana (uccisa il 24 dicembre 2020), l’idraulico che aveva fatto dei lavori in casa, un amico di Enea Simonetti (il nipote della vittima, imputato insieme alla madre Arianna Orazi e al nonno Enrico con l’accusa di omicidio volontario premeditato) e il commercialista che seguiva la società di famiglia degli Orazi. Sono questi i sette testimoni sentiti oggi in aula dai giudici della Corte d’Assise di Macerata e indicati dalla difesa, in realtà si sarebbero dovuti presentare in dodici e dei cinque assenti, per tre è stato disposto l’accompagnamento coattivo alla prossima udienza che si terrà il 27 ottobre, mentre ai restanti due le difese hanno rinunciato a sentirli. La prossima udienza, dunque, si preannuncia piuttosto intensa dal momento che dovranno essere citati altri 12 testimoni della difesa più i tre che verranno accompagnati coattivamente.

Oggi ognuno dei sette ha risposto alle domande poste dai difensori degli imputati, gli avvocati Valentina Romagnoli, Olindo Dionisi e Barbara Vecchioli, dal pubblico ministero Vincenzo Carusi e, a precisione su alcune delle dichiarazioni rese, dal presidente della corte, il giudice Andrea Belli. A iniziare è stata la ristoratrice, nel cui locale Rosina era solita andare fino a circa il 2015, ovvero fino a quando la titolare del ristorante non ha allontanato l’anziana: «Chiacchierava troppo con i clienti che si erano lamentati di questo – si è giustificata –. Era una persona molto particolare. Quel giorno si sedette ad un tavolo che era prenotato, le dissi che non poteva stare lì, lei si arrabbiò “Io faccio come voglio” mi rispose, alla fine le ho detto “Senti non è per cattiveria qui puoi venire quando vuoi ma ci sono delle regole da rispettare”. Si fermò a mangiare ma fu tutto un lamento». Alla domanda del pm Vincenzo Carusi se potesse indicare i nomi delle persone presenti quel giorno nel locale che si erano lamentate la ristoratrice ha risposto: «Non me li ricordo, me ne ricordo solo uno ma è morto». È stata poi sentita la direttrice del carcere di Pesaro dove Arianna Orazi era stata reclusa per circa un anno. La direttrice ha riferito che nella sezione femminile si erano create due fazioni, una pro Orazi e una pro un’altra detenuta. Poi è stata la volta di un 33enne che ha riferito di aver avuto un incidente con Rosina dopo il pranzo del 14 febbraio 2020. Il giovane ha raccontato che Rosina invase la sua corsia ed entrambe le auto riportarono danni ai rispettivi specchietti: «Mi disse che aveva avuto una svista, era un po’ agitata anche perché abbiamo rischiato un frontale, ma lei andava piano, poi sono arrivati Arianna e il figlio. Arianna mi ha detto che vendeva ricambi per auto e che avrebbe pensato lei a sostituirmi lo specchietto. Non abbiamo denunciato l’incidente per 50 euro di specchietto, mi ha invece indicato una carrozzeria in via Roma a Macerata dove ho lasciato la macchina, il carrozziere mi ha montato lo specchietto e dopo sono andato via».

Il medico curante di Rosina (per oltre 25 anni), rispondendo alle domande dei difensori ha ricordato che l’anziana soffriva di osteoporosi: «Era anche rimasta abbastanza provata dall’esperienza del terremoto, manifestò un disturbo d’ansia e difficoltà di addormentamento. Condusse una terapia ciclica per l’osteoporosi, fece un esame specialistico nel 2017 da cui emerse una osteoporosi moderata/severa, compatibile con l’età». Alla domanda se col passare degli anni l’osteoporosi potesse aggravarsi il medico ha risposto: «Negli anni può peggiorare ma con la terapia si stabilizza».

L’idraulico che aveva eseguito diversi lavori nella villetta di Montecassiano teatro dell’omicidio della 78enne ha ricordato Rosina come «una persona solare, ben vestita. Io l’ho vista sempre normale, anche Rosina diceva la sua sui lavori da fare, non ho mai assistito a litigi. Non mi ricordo – ha aggiunto – di problemi alla caldaia. Con me Rosina non si è mai lamentata». Inizialmente commosso per la situazione è stato l’amico di Enea Simonetti, un ventenne di Cingoli, si erano conosciuti in primo superiore all’Agraria «Eravamo più che amici – ha puntualizzato –. Lui ha lasciato la scuola prima ma abbiamo continuato a seguirci, a vederci. Eravamo migliori amici, ci sentivamo tutti i giorni. Ci siamo sentiti fino a poco prima dell’arresto, il giorno che è morta la nonna gli ho mandato un messaggio di condoglianze». Il giovane ha poi riferito di essere stato più volte a casa di Enea a Montecassiano, di averlo aiutato nei lavori in giardino e di essersi fermato più volte a pranzo da loro: «Non ho mai assistito a litigi, Rosina era sempre una persona gentilissima, non si è mai lamentata con me dei comportamenti del nipote, anzi. Enea diceva che era la solita nonna premurosa». All’ennesimo ricordo di un pranzo o di una cena trascorsi insieme nel corso di tutto il 2020 a Montecassiano il pubblico ministero Carusi ha voluto contestualizzare ricordando al giovane testimone che dal 2020 andava espunto il primo mese dal momento che Arianna e il figlio si sono trasferiti in quella casa a febbraio, a marzo era scoppiata la pandemia e fino all’estate si era stati in lockdown, le riaperture c’erano state nei mesi estivi per poi tornare a restrizioni nei movimenti a partire da ottobre. «Le ho trasgredite le regole del Covid, anche quando non si poteva ci andavo», ha però insistito il giovane.

L’ultimo testimone è stato il commercialista che si era occupato per anni della società degli Orazi. «Nei primi anni era fiorente, poi soprattutto negli ultimi tra crisi economica, crisi del settore e il sisma la situazione finanziaria era diventata abbastanza precaria, poi la pandemia ha dato il colpo di grazia».