Macerata

Omicidio di Rosina, l’ex genero: «Era dura convivere con Arianna, non mi faceva vedere mio figlio»

Oggi i giudici della Corte d’Assise di Macerata hanno sentito otto testimoni della difesa, tra cui il papà di Enea, lo zio materno e un'amica della mamma

Il tribunale di Macerata

MACERATA – «Io amavo Arianna. Siamo stati insieme quattro anni, ci siamo sposati nel 1999, l’anno dopo è nato Enea, di solito un figlio unisce la coppia, a noi l’ha divisa». Ha iniziato così Daniele Simonetti il suo lungo e commovente racconto oggi nell’aula 1 del Tribunale di Macerata. Più volte è venuto fuori il dolore del padre di Enea, il 20enne imputato insieme alla mamma Arianna Orazi e al nonno Enrico per l’omicidio della nonna Rosina Carsetti uccisa nel tardo pomeriggio della vigilia di Natale di due anni fa nella sua villetta a Montecassiano. Oggi i giudici della Corte d’Assise hanno sentito otto testimoni della difesa, Simonetti non è riuscito a trattenere la commozione ripensando al figlio cresciuto lontano da lui e che chiamava “papà” il nonno. «Io amavo Arianna – ha esordito l’ex marito –. Ci siamo separati tre anni dopo che è nato Enea, i problemi sono iniziati con la sua nascita, man mano che lui si attaccava a me sembrava che a lei desse fastidio. Era dura convivere con lei. Quando ci siamo separati neanche me lo faceva vedere, un giorno ho dovuto chiamare i carabinieri, sono cose impensabili. Me l’ha sempre tenuto lontano, per me è un dolore atroce».

Poi a novembre del 2017 padre e figlio avevano litigato al telefono e non si sono sentiti più fino a dopo l’arresto di Enea. «Quella volta gli dissi parole sacrosante: “Enea stai attento con tuo nonno e tua madre, ti stanno portando su una strada sbagliata”, lui li ha difesi, abbiamo litigato, da lì ho deciso di non sentirlo più. Per me era una tortura psicologica, io ero quello che non capiva niente, non mi potevo ammalare per questo. Penso di aver fatto la cosa giusta, seppur con molto dolore». Poi dopo l’arresto, padre e figlio hanno iniziato a recuperare il loro rapporto: «Un giorno in carcere gli ho detto “Enea devi pensare a te”. L’ho guardato fisso negli occhi e gli ho detto “C’entri niente? Cambia per me e cambia per tutti”. “Papà non c’ero”, mi ha risposto, mi viene la pelle d’oca. “La verità bisogna dirla è andata troppo per le lunghe”, avevo insistito ma lui mi aveva detto che non era a casa. Ma la verità non toccava a Enea dirla». Di Rosina Daniele Simonetti ha raccontato che era una donna dal carattere forte, una volta lei lo aveva preso a schiaffi e lui l’aveva denunciata. «Io non c’entravo nulla con quella famiglia – ha continuato -, era una famiglia particolare: casa bella, giardino bellissimo, abbigliamento sempre firmato, ma i valori veri della famiglia non c’erano, l’amore, l’affetto, forse Enrico era il più affettuoso». La sera dell’omicidio l’ex genero di Rosina era dalla propria madre che abita poco distante dalla villetta dell’anziana. «Ho visto i lampeggianti e mi sono detto “L’ha ammazzata”, sapendo dei caratteri forti di madre e figlia e sapendo che Rosi era sempre aggressiva e provocava, sicuramente c’era stato un litigio finito malissimo».

«Mia madre? Era sempre un po’ insoddisfatta. Aveva un carattere molto forte, era energica, faceva valere le sue posizioni, era difficile farle cambiare idea. Non era mai molto malleabile, ce l’aveva la tendenza a provocare, a spingere sul dibattito», a dirlo è stato l’altro figlio di Rosina, Enea Orazi, che in aula ha raccontato di aver litigato con la madre nel 2012 quando lui le aveva comunicato che voleva lasciare l’azienda di famiglia per fare un altro lavoro: «È andata in escandescenze, mi è venuta contro dicendo “Dopo tutto quello che abbiamo fatto, sei un ingrato”, sono rimasto allucinato e sono andato via». Si sono riparlati dopo tanto ma i rapporti erano diventati freddi. L’ultima volta che ha visto la madre è stato a giugno del 2020, la sorella e il nipote verso settembre, il padre «a settembre o ottobre, sono andato in negozio perché avevo bisogno di qualcosa», ha ricordato.

Tra i primi testimoni ad essere sentiti c’è stata la veterinaria Annamaria Tartufoli, amica d’infanzia di Arianna Orazi. La testimone ha raccontato dei suoi rapporti con l’amica e con sua madre, «In passato era sempre carina, socievole, un po’ lamentosetta – ha detto riferendosi a Rosina – ma sempre gentile, quando l’ho vista le ultime volte si è lamentata del giardino, lei era molto precisa e il giardino era brullo, tutto rovinato, c’erano dei lavori in corso, non era la solita casa di Rosina». Tartufoli ha poi precisato che non vedeva l’anziana da tanto tempo, Arianna invece l’aveva sentita il giorno dell’omicidio, il 24 dicembre 2020, mentre era in fila per fare il tampone si erano parlate telefonicamente per un’oretta, poi alle 17.41 le aveva mandato un messaggio con l’esito del tampone “Negativo” e Arianna aveva risposto alle 17.46 con un “Ok”. Per quei contatti il 27 gennaio 2021 la veterinaria fu sentita in caserma dai carabinieri, non avrebbe dovuto far parola di quello che aveva detto invece aveva chiamato prima la cognata di Arianna poi aveva parlato con l’avvocato che all’epoca difendeva tutti e tre gli imputati (padre, figlia e nipote) Valentina Romagnoli e aveva raccontato quello che i carabinieri le avevano chiesto. «Ero agitata, avevo bisogno di sentire qualcuno – si è giustificata in aula –. Forse sono ingenua, le ho semplicemente detto che mi erano state chieste tante cose su quella giornata e che avevamo visto insieme il mio telefono».

Due giorni dopo l’omicidio aveva sentito Arianna, «Come l’ha trovata?», ha chiesto il pm Vincenzo Carusi. «Telegrafica, era sconvolta, le ho chiesto come stavano e mi aveva detto “Tutto sommato tutto bene. Poi quando posso ti racconto”». «L’ha trovata sconvolta?», ha ribattuto il pubblico ministero prima di leggere un passaggio della trascrizione della telefonata (intercettata) che le amiche si erano fatte il 26 dicembre: «Arianna dice “Ce lo sai anche tu, non è mai stato un mistero, e lei risponde “E che non lo so? È sempre stata una stronza da quando eri frica (bambina, ndr), è stata sempre una grandissima egoista di mer..”. Ma come – ha quindi chiesto il pubblico ministero -, prima ci parlava come se fosse un normalissimo rapporto tra madre e figlia». «Questo era riferito alla sua vita da adolescente – ha risposto la testimone –. Io Arianna l’ho vissuta nella parte giovanile e nella parte giovanile ci sono state delle guerre tra di loro, e da quello che mi raccontava Arianna Rosina non era stata molto presente neanche con Enea. Rosina non era stata una mamma materna, ha sempre pensato alla crescita della figlia in modo impeccabile, ma ognuno ha sempre fatto il proprio interesse. Rosina era una donna buona, con gli estranei gentilissima, però dal punto di vista affettivo qualche volta con Arianna non è stata presente, è stata egoista». «Il cadavere di Rosina era abbastanza caldo – ha continuato il pm – e lei dice “è sempre stata una stronza da quando eri frica, è sempre stata una grandissima egoista di mer..” e Arianna non è che batte ciglio. Dice: “Sì sì l’agnellino sacrificale per tutti, invece a casa in vita e pure da morta era egoista”. Mi stonava un po’ con il fatto che Arianna fosse sconvolta». «Il concetto era che lo sapevo anch’io com’era Rosina – ha ribattuto la veterinaria –. Arianna l’ho trovata arrabbiata, perché penso che volesse dire che la madre era stata egoista prima e poi da morta incolpavano lei di quanto accaduto».