MACERATA – «Per quanto attiene la nostra provincia viene in pratica confermato in linea generale, rispetto
all’anno scorso, un andamento estremamente negativo delle condizioni di vita dei nostri pensionati e a
questo vanno aggiunti gli attuali aggravi dei rincari dei costi dei servizi indispensabili quali gas, luce,
carburanti». Ad affermarlo l’istituto di Ricerche Economiche e Sociali della Cgil Marche Ires sulle pensioni del 2022 nelle Marche e nel Maceratese. Sono 61.000 le pensioni di vecchiaia su 106.000 prestazioni erogate pari al 57,1% del totale che denotano la tipologia delle prestazioni erogate. L’importo medio di queste pensioni di 850 euro lordi mensili. Significativa la differenza tra uomini e donne sugli importi di pensione di vecchiaia.
Pensioni Macerata, alcuni numeri nel dettaglio
Sono 106 mila le prestazioni pensionistiche e assistenziali attualmente erogate dall’Inps nella provincia di Macerata, e di queste 61 mila sono le pensioni di vecchiaia (pari al 57,1% del totale), 5 mila sono le pensioni di invalidità (5,2%), 22 mila le pensioni ai superstiti (20,7%), oltre 2 mila le pensioni/assegni sociali (2,3%) e 15 mila sono le prestazioni a invalidi civili (14,7%). Dal 2018 il numero delle pensioni complessivamente erogate nella provincia è diminuito dell’1,2%, pari a poco più di mille prestazioni.
L’importo medio mensile delle pensioni vigenti nella provincia di Macerata è di 850 euro lordi, con valori medi che variano dai 1.089 euro delle pensioni di vecchiaia ai 448 euro delle pensioni e assegni sociali. L’importo medio delle pensioni di vecchiaia nella provincia è in linea con quello regionale (+16 euro mensili rispetto alla media delle Marche) ma di molto inferiore a quello nazionale ( -197 euro lordi).
Significativa è la differenza tra uomini e donne relativamente all’importo della pensione di vecchiaia: se i primi percepiscono 1.352 euro lordi, le donne arrivano a 797 euro, pertanto queste ricevono mediamente 555 euro in meno ogni mese (-41% rispetto agli uomini). Nella provincia di Macerata 64 mila prestazioni pensionistiche, pari al 60,5% del totale, sono inferiori a 750 euro al mese: dunque, quasi 2 pensionati su 3 percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia della povertà.
Anche da questo punto di vista si confermano notevoli differenze di genere: gli uomini con pensioni fino a 750 euro sono il 39,2% del totale, mentre per le donne tale percentuale sale al 75,3%. «Va sempre più posta attenzione quindi alle condizioni di vita di questa alta rappresentanza di popolazione, un attenzione che deve partire dalla politica e che non può eludere da azioni ed interventi specifici e diretti che prevedano l’alleggerimento di questa condizione». spiega il sindacato.
Chie prosegue: «Questi interventi debbono essere presi ad ogni livello politico, a partire da una legge sulla non
autosufficienza, fino alla responsabilizzazione di ogni nostro ente locale affinché intervenga con azioni
dirette e concrete ad alleviare queste condizioni. Lo Spi-Cgil, in maniera unitaria, è impegnato in una forte contrattazione sociale e territoriale di confronto con loro, nell’intento di far crescere consapevolezza e con l’intento di trovare soluzioni di volta in volta significative e concrete».