PIORACO – Accusato di accesso abusivo al sistema informatico Sdi in uso alle forze dell’ordine, ex carabiniere condannato a due mesi di reclusione, pena sospesa. La Procura aveva chiesto quattro anni. La difesa: «Sentenza mite ma faremo appello. È stato troppo zelante, ma questa semmai è una colpa non un dolo».
Si è chiuso oggi il processo a carico di un ex militare dell’Arma, ora in congedo, accusato di aver eseguito plurimi accessi (circa 24) allo schedario informatico del Ced interforze per visionare i dati relativi a determinate persone (tra le quali anche un familiare) senza che alla base ci fosse un motivo istituzionale e senza che quelle persone fossero né di interesse operativo né collegabili ad alcuna attività di polizia giudiziaria. Alcuni accessi sarebbero avvenuti anche mentre era in licenza straordinaria per convalescenza. I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 2017 e il 2018 quando il carabiniere era maresciallo maggiore in servizio alla Stazione di Pioraco. Nel corso del processo l’ex militare si era sottoposto ad esame respingendo fermamente gli addebiti e sostenendo che quando aveva eseguito i controlli lo aveva fatto per situazioni sospette.
Oggi il procedimento è stato discusso: il pubblico ministero Vincenzo Carusi ritenendo provata la colpevolezza dell’ex militare ne ha chiesto la condanna a quattro anni, la difesa, sostenuta dall’avvocato Guglielmo De Luca ha invece chiesto l’assoluzione del proprio assistito. All’esito della camera di consiglio il giudice Domenico Potetti, riconoscendo le attenuanti generiche prevalenti su tutte le aggravanti contestate, ha condannato l’ex militare a due mesi, pena sospesa. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.
«È una sentenza che ci dispiace perché è di condanna anche se ne apprezziamo la mitezza – ha commentato a margine dell’udienza l’avvocato De Luca –. Gli accessi allo Sdi erano motivati da interesse istituzionale e per prevenire i reati. Pioraco è un piccolo paese, se c’erano auto sospette o situazioni non chiare effettuava i relativi controlli. Sull’elemento soggettivo la questione quindi è: perché avrebbe fatto questi accessi? Con i dati consultati cosa ha fatto? Manca il movente. Il mio assistito è stato troppo zelante, ma questa semmai è una colpa non un dolo. Ci riserviamo di proporre appello una volta lette le motivazioni».