MACERATA – «Abbiamo completato la dotazione finanziaria e quella organica della ricostruzione, adesso ci occupiamo della mappa definitiva della ricostruzione che ci permetterà di definire dove è possibile ricostruire, dove non è possibile e dove servono preventivamente opere di mitigazione del dissesto idrogeologico». Così il commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini ha presentato il nuovo accordo sottoscritto questa mattina (9 febbraio) con Erasmo D’Angelis, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, che darà il via a una serie di approfondimenti su 295 frane distribuite in 138 Comuni del cratere.
«Si tratta di un’attività che si svilupperà nel corso dei prossimi sei mesi e che ci permetterà di stabilire dove si può ricostruire e dove non si può – ha aggiunto Legnini -. Nelle stesse zone è già stato effettuato lo studio di microzonazione per definire il livello di pericolosità sismica, ora facciamo un altro passo in avanti». Il commissario ha anche risposto a chi dopo quattro anni dal sisma, potrebbe obiettare che si stanno ancora facendo studi e sondaggi. «Nel 2020 abbiamo oltre 3.200 cantieri attivi e molti altri ce ne aspettiamo, ma nelle stesse aree ci sono frane e faglie attive che chiedono qualche altro mese di approfondimento – ha spiegato -, per consentire ai cittadini di pensare a una ricostruzione sicura. Vorremmo che lo Stato restituisse un patrimonio edilizio, abitativo e produttivo sicuro e sostenibile».
Nel progetto, che prevede un investimento di 3,2 milioni, saranno coinvolte anche l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che, come ha spiegato Marco Amanti «affiancherà l’Autorità di bacino nel momento della raccolta dei dati e, se necessario, sarà in grado di fare approfondimenti su alcuni siti» e cinque Università: Roma 1, Perugia, Chieti-Pescara, UniUrbino e Università di Camerino.
«Il commissario Legnini sta imprimendo un cambio di passo a questa ricostruzione – ha commentato il segretario D’Angelis – e, con questo studio, si entra ancor più nel dettaglio. Vogliamo andare a individuare le aree più a rischio e quelle a minor rischio e, per farlo, metteremo in campo un centinaio di tecnici, oltre alla nostra piattaforma tecnologica, a controlli su campo e all’esperienza di Ispra. Tutto per velocizzare la ricostruzione».
Una volta terminati tutti gli studi, infatti, si potrà procedere con ulteriori approfondimenti e con l’aggiornamento del Pai (Piano assetto idrogeologico) per sbloccare le ricostruzioni. Nelle zone dove non sarà possibile ricostruire, come ha spiegato ancora Legnini, si «provvederà a delocalizzare», cioè a spostare in altre zone della frazione o del borgo, come «stiamo studiando a Piobbico di Sarnano, per capire se potrà essere ricostruita dove e com’era».