MACERATA – «Ci vuole coraggio a fare il sindaco di questi tempi, però ci vuole amore per la propria città».
Nel tardo pomeriggio di ieri (6 agosto), con quasi un’ora di ritardo, il leader della Lega Matteo Salvini è salito sul palco allestito in una piazza Mazzini blindata. Già da prima delle 18 polizia, carabinieri e polizia municipale hanno controllato gli accessi in piazza e presidiato la zona per garantire la sicurezza ed essere pronti in caso di eventuali contestazioni.
L’incontro a Macerata è stata l’occasione per presentare la squadra che correrà alle regionali ufficializzando i nomi dei candidati, provincia per provincia. Sul palco sono saliti tutti, uno alla volta, con loro il commissario regionale Riccardo Augusto Marchetti, il candidato alla presidenza della regione, Francesco Acquaroli e il candidato sindaco di Macerata, Sandro Parcaroli. A lui si è subito rivolto Salvini: «La prima volta l’ho chiamato per telefono e gli ho detto “Ma sei sicuro? Uomo d’impresa, abituato a lavorare con velocità, efficienza, nel privato, a premiare il merito” e lui mi ha detto “Sì perché io amo la mia terra”». E Parcaroli: «Mi stai vicino però?», ricevendo la rassicurazione del leader della Lega: «Tu conta su di me, io conto su di te e loro – rivolgendosi ai presenti – conteranno su loro stessi, perché il destino di Macerata è in mano a voi, sono tutti tuoi vicesindaci».
Nel suo discorso Salvini ha toccato vari temi, tra cui il turismo: «Io sto apprezzando le Marche che sono una terra che nel resto d’Italia e nel resto d’Europa in questi anni si è venduta poco e male, io mi domando chi governava la Regione come passava il suo tempo? C’è un mare che ha poco da invidiare ad altri mari, ci sono delle città d’arte che sono incredibili. Poi uno dice Macerata e nell’immaginario collettivo di qualche italiano che non conosce le Marche uno si ricorda i casini, lo spaccio, le sparatorie, gli immigrati (il riferimento è all’omicidio di Pamela Mastropietro e al raid razzista di Luca Traini per le strade della città, ndr), ecco – voltandosi verso Parcaroli – io non ti chiedo miracoli, però sulla sicurezza non si scherza, perché la sicurezza è un bene di tutti. Macerata è una città bella, sicura dove i giardinetti sono per le mamme e per i bambini, non per gli spacciatori, per i rompic…, per i tossici e gli ubriaconi. E questo prescinde dal colore della pelle. Nel 2020 io non distinguo gli esseri umani in base al colore della pelle, a me interessano le persone perbene e le persone permale».
Poi l’invito al voto: «In bocca al lupo a voi, avete l’invidia di mezza Italia, perché ormai votare in Italia è un lusso. Mancano 45 giorni, dipende da voi, vi chiedo di adottare a Macerata e nelle Marche un indeciso al giorno e lo trovate domani fuori dal negozio, fuori dalla banca, domenica in parrocchia, in edicola, in posta, dal panettiere, che magari vi dicono “Tanto il mio voto non conta”. Per carità può essere anche comprensibile perché uno dice “Io ho votato la Lega e al governo c’è il Pd”, questo giro è un voto fondamentale per Macerata, perché il sindaco per cinque anni adotta e prende per mano la città, è un voto fondamentale per la Regione dove la sinistra ha pure cambiato il presidente uscente perché si vergognano di quello che hanno fatto evidentemente. Se voi ci date una mano a vincere a Macerata e nelle Marche poi mi date una mano per mandare a casa Conte, Renzi e tutta la compagnia che c’è a Roma e da quelle parti. Teniamo lì solo la Azzolina col banco con le rotelle e Toninelli con il monopattino elettrico, loro due li teniamo perché fanno colore come nel presepe».
E dopo le battute l’appello finale: «Io ho visto un sondaggio bello, che ci dà un buon vantaggio e la Lega primo partito nelle Marche. Però mancano 45 giorni, vi chiedo di trasformare in realtà quello che fino all’anno scorso era un sogno, con un presidente in gamba e un sindaco in gamba. Viva Macerata, viva le Marche, viva l’Italia bella e libera, viva la Lega, buona vita e buona fortuna a tutti voi, questa è una piazza straordinaria». Un tifo da stadio ha salutato Salvini al grido di «Matteo, Matteo», così come lo aveva accolto all’arrivo, poi una pausa per le interviste e a seguire è stato un selfie dopo l’altro con i simpatizzanti in fila per avere una foto-ricordo con il leader della Lega.