Macerata

Serravalle di Chienti, il primo libro di De Biagi: «La vita può franare sotto i piedi ma dobbiamo resistere»

L'autore Marco De Biagi ha coinvolto i veri abitanti del paesino flagellato da due terremoti: «I cattivi pensieri uccidono. Questa è la verità più paurosa che molti si ostinano a considerare fantastica»

Marco De Biagi (foto per sua gentile concessione)

SERRAVALLE DI CHIENTI (MACERATA) – Una storia che inizia da una sera di maggio, nel 2019. Una sera in cui «la pace del piccolo borgo di Serravalle di Chienti (in provincia di Macerata) viene scossa da urla assordanti, a metà tra l’umano e il bestiale, ancora più̀ angoscianti del ruggito del terremoto a cui gli abitanti oramai si sono abituati. Ovviamente non ci si abitua mai al terremoto, ma l’ambientazione ha anche a che fare con i borghi marchigiani disabitati a causa dei sismi del ’97 e del 2016», esordisce l’autore, Marco De Biagi.

La presentazione del libro (foto per gentile concessione di De Biagi)

Il suo primo libro si chiama Serravalle. Dove i cattivi pensieri possono uccidere. De Biagi, scrittore per passione, è nato a Roma ma è marchigiano d’adozione. «Nel romanzo, tutto il paese corre in strada per via di queste urla – riprende lui –. Così come Marco Rambaldi, ma nulla è visibile se non una tetra apparizione che sembra confondersi tra un’ombra e un soffio di vento. Nei giorni seguenti, Marco e i suoi compaesani iniziano a comprendere la natura di quei ringhi micidiali, che si dice provengano da presenze inquietanti. C’è chi li chiama fliegend, creature con il potere di tormentare la mente degli abitanti di Serravalle, risvegliando in loro paure agghiaccianti tramite terrificanti pensieri, sino a condurli alla morte. Ecco perché il sottotitolo è dove i cattivi pensieri possono uccidere. Attraverso un romanzo, viene fatta un’analisi del pensiero, il cui utilizzo può edificare una persona oppure distruggerla, e far sì che questa distrugga».

Marco, com’è nata l’idea di un libro?
«È la mia prima volta, io nella vita faccio altro. L’idea? È arrivata in modo inaspettato: mai avrei pensato di scrivere un romanzo a 47 anni. Ha colto di sorpresa anche me, è stato come esaudire un antico desiderio. Ma non auguro a nessuno il percorso tramite cui ci sono arrivato, perché è stato a seguito di una crisi. Una di quelle batoste che la vita ti regala in seno a scelte sbagliate, per cui puoi scegliere tra maledire tutto e tutti, o accettare di aver fallito e darti da fare per non perdere la guerra della tua vita».

Qual è la vera guerra da combattere?
«La battaglia per sfidare sé stessi e realizzare quello che davvero si desidera, o quantomeno provarci. Tutto ciò mi ha portato, qualche anno fa, a rifugiarmi sulle montagne, dove ho una casa di famiglia. Il silenzio dell’Appennino mi ha avvolto nella magia di Serravalle di Chienti. Oltre alla magia, la triste condizione di abbandono in cui versava il borgo, la sfiducia dei cittadini messi alla prova da due tremendi terremoti, nel 1997 e nel 2016. È come se abbia sentito una voce, un tenue alito di speranza che mi ha fatto mettere una parola in fila all’altra e creare una storia che parla di questi luoghi».

I cattivi pensieri possono davvero uccidere, come leggiamo nel titolo?
«I cattivi pensieri uccidono. Questa è la verità più paurosa che molti si ostinano a considerare fantastica, appunto da libro fantasy. Nella vita reale, invece, coltivare pensieri sbagliati e cattivi significa poi compiere azioni sbagliate. E le conseguenze di queste causano malessere. Si può arrivare persino a odiare sé stessi, a sentirsi dei falliti, a trattare male gli altri. Un po’ come è capitato a me».

Prosegua…
«Non è un segreto, né un argomento tabù, purtroppo, sentire di alcune persone che si tolgono vita perché insoddisfatte, depresse e sfiduciate. A quel livello, sarebbe molto utile capire dove stanno girando i propri pensieri, come davvero ci si sente per comprendere dove effettivamente si può intervenire affinché una persona, per uno sbaglio, una svista più o meno grande commessa nella propria vita, possa decidere di cambiare rotta. Di crederci ancora e tornare sulla propria strada, o su una ancora migliore».

Torniamo alla trama: si tratta di un horror, di un thriller o di un dark fantasy?
«È un mix di tutti e tre, nel senso che è ambientato in luoghi reali, nel 2019, in provincia di Macerata, tra Serravalle di Chienti e Castelluccio, sui Sibillini. L’antagonista però è una creatura che non siamo abituati a considerare vera. Ecco perché viene definito ‘urban fantasy’, un racconto fantastico all’interno di un contesto reale. In alcune librerie va sotto la categoria horror, anche se non mi trovo molto d’accordo, mentre diversi lettori lo hanno definito thriller-fantasy».

In che senso il suo libro è un esperimento sociale?
«Nel senso che ho voluto coinvolgere i veri abitanti di Serravalle, e non solo del borghetto. Per esempio, uno dei protagonisti è un vecchio esorcista che ha scelto di ritirarsi a Serravalle nel 1996, un anno prima del terremoto. In realtà, si tratta di Padre Mario Minnicucci, attuale parroco di Serravalle di Chienti. Che, entusiasta, ha firmato la liberatoria e mi ha dato carta bianca. Assieme a lui ci sono diversi personaggi e attività reali, che hanno scelto di comparire. Un po’ per aiutarmi e un po’ per prendere parte a un gioco narrativo. Nel racconto, c’è un personaggio chiave: Manuela Lolli. E alcune sequenze si svolgono all’interno di un ristorante; che poi nella vita reale è il suo, la S’Osteria al Fontanile di Colfiorito, e lei è davvero Manuela Lolli».

Realtà e immaginazione…
«Sì, un intreccio perfetto che ha fatto sì che diverse persone, chi dalla costa chi da Perugia e città limitrofe, dopo aver letto il romanzo, venissero a vedere di persona questi luoghi».

Torniamo alla devastazione del terremoto…
«Serravalle di Chienti è un bellissimo borgo, un tempo attivo e florido, oggi sull’orlo dello spopolamento. Nella storia, i protagonisti viaggiano attraverso diversi paesini dell’entroterra umbro-marchigiano, ancora distrutti dal terremoto del 2016. E questo diventa una metafora della nostra vita. A causa di scelte sbagliate, talvolta, il terreno ci frana sotto i piedi, come un sisma. In alcuni momenti, possiamo ritrovarci sotto le macerie di determinate situazioni di cui non avevamo tenuto conto e non sempre arriva la Protezione Civile a salvarci. Molti calcinacci li dobbiamo togliere da soli. Un borgo disabitato è un simbolo esteriore di qualcosa che non va più dentro di me, e devo trovare il modo di rimettere in moto questo qualcosa una volta ancora».

Scrittore per passione o di mestiere?
«Per passione, almeno fino a quando la bilancia economica non cambi e il denaro non inizi a spostarsi sul piatto della scrittura (ride, ndr)».