SERVIGLIANO – Venticinque anni per l’omicidio della figlia Jennifer di sei anni. È la condanna inflitta oggi dai giudici della Corte d’Assise di Macerata a Pavlina Mitkova, la mamma 39enne di origine bulgara che la notte tra il 7 e l’8 gennaio del 2020 diede fuoco alla propria abitazione a Servigliano per occultare, secondo l’ipotesi accusatoria, le tracce del delitto. Nella scorsa udienza il pubblico ministero di Fermo, Francesca Perlini, titolare del fascicolo, aveva chiesto una condanna più severa, l’ergastolo con isolamento diurno per quattro mesi. Oggi i giudici, all’esito della camera di consiglio, hanno comminato la pena complessiva di 25 anni di reclusione per i reati di omicidio volontario e incendio doloso, riconoscendo all’imputata le attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante del rapporto di parentela.
L’omicidio dunque risale alla notte tra il 7 e l’8 gennaio dello scorso anno quando nell’appartamento di via Circonvallazione Cluentina – dove Mitkova viveva con il compagno Ali Krasniqi e le loro due figlie di 6 e 3 anni – scoppiò un incendio. In quel momento il marito non era in casa, la bambina più grande, Jennifer, fu trovata senza vita. Nell’immediatezza dei fatti la madre riferì che si era trattato di un incendio accidentale, che era riuscita a mettere in salvo la figlia più piccola ma che quando era tornata indietro per prendere anche Jennifer le fiamme le avevano impedito di entrare. La versione data dalla donna però non convinse gli inquirenti, la Procura dispose l’autopsia affidando l’incarico ad un’equipe composta dal medico legale Alessia Romanelli, dal tossicologo Rino Froldi e dall’anatomopatologo Marco Valsecchi. Dall’accertamento irripetibile sul corpicino della piccola emerse che la bambina era morta circa tre ore prima dell’incendio, nei polmoni era stata trovata acqua dolce e secondo i professionisti Jennifer era morta per asfissia. L’ipotesi che prese corpo una volta depositati i risultati dell’accertamento autoptico fu che la mamma prima aveva provato ad annegare la figlia nella vasca del bagno (trovata piena d’acqua) poi l’aveva soffocata con qualcosa di soffice, forse un peluche.
«Venticinque anni sono una pena importante, ma se raffrontata alla richiesta avanzata dalla Procura, possiamo dire che la sentenza ci è stata favorevole», ha commentato a margine dell’udienza l’avvocato Emanuele Senesi che con il collega Gianmarco Sabbioni difende l’imputata. I giudici della Corte d’Assise hanno riconosciuto una provvisionale di 100.000 euro per ciascuna delle due parti civili, il compagno dell’imputata e padre di Jennifer e la figlia che attualmente è ospite di una struttura protetta. Soddisfazione per il riconoscimento della responsabilità penale della donna è stata espressa dall’avvocatessa Marika Pezzani, parte civile per il tutore della sorella di Jennifer, mentre il compagno dell’imputata era parte civile con l’avvocatessa Maria Cristina Ascenzo.