Macerata

Cgil: «Sfruttamento e caporalato nei cantieri della ricostruzione. Si è aperta una lunga battaglia»

La Cgil e la Fillea sono state ammesse come parti civili nel processo che, a giugno, vedrà imputati due imprenditori. I fatti risalgono al 2017

Cgil Macerata, Massimo De Luca e Daniel Taddei
Daniel Taddei e Massimo De Luca

MACERATA – Sfruttamento dei lavoratori impegnati nella ricostruzione post-sisma, caporalato, subappalti, ma anche assenza di mezzi di protezione antinfortunistica. Sono diverse le contestazioni che la procura di Macerata ha mosso nei confronti di due imprenditori, rinviati ieri a giudizio dal gup di Macerata Claudio Bonifazi. Un processo in cui sono stati ammessi come parte civile la Cgil e la Fillea Cgil che, nel 2017, hanno fatto partire le segnalazioni per le condizioni in cui una ventina di lavoratori veniva impegnata nei cantieri Sae di Ussita, Castelsantangelo sul Nera e Caldarola. Proprio la Cgil ha indetto una conferenza stampa in merito, per esprimere la sua soddisfazione per il processo: «La costituzione di parte civile va a segnare il nostro percorso iniziato nel 2017 – spiega il segretario della Cgil, Daniel Taddei – e il grande impegno che è stato messo dal sindacato e dalla categoria per sollevare le varie irregolarità. Ieri c’è stata l’udienza per il rinvio a giudizio che ha confermato l’avvio del processo a giugno e testimonia l’importante lavoro svolto».

I fatti contestati, ricorda Taddei, risalirebbero a «ottobre, novembre e dicembre 2017 e sono l’ultimo anello di una catena di appalti e subappalti che partono dal Consorzio Arcale che aveva subappaltato la costruzione delle Sae al Consorzio Gips e, all’interno di quest’ultimo, operava la Europa srl», il cui titolare è uno degli imputati, insieme al titolare di un’azienda individuale, mentre c’è un altro indagato la cui posizione è stata stralciata. «La costituzione di parte civile per la Cgil assume un’importanza rilevante per vari aspetti – aggiunge Taddei -, perché oltre al danno che si è manifestato nei confronti dei lavoratori, c’è un danno per la collettività perché parliamo di un appalto pubblico e abbiamo visto le condizioni in cui le Sae si trovano oggi. La costituzione di parte civile, infine, ci permetterà di far emergere quali sono state anche altre responsabilità più elevate, al di là degli imputati, che hanno portato a questa situazione».

Ma alcuni fronti resterebbero ancora aperti. «Dei 18 lavoratori che hanno avuto la forza di denunciare, solo per 11 è stato possibile far pagare le retribuzioni per le ore che avevano lavorato – aggiunge Massimo De Luca, segretario della Fillea Cgil -, mentre altri sette, dopo quattro anni, sono ancora in attesa e parliamo di circa 120mila euro di arretrati tra stipendi, contribuzioni e sanzioni da dover far pagare, sulla carta, all’Europa srl, ma noi speriamo che si possa, con la legge sulla responsabilità solidale, risalire la filiera dell’appalto, fino ad Arcale. Questa era un’azienda – sempre secondo De Luca – che non applicava il giusto contratto, non corrispondeva la paga e, quando ci fu un infortunio sul lavoro nel campo di Ussita, tentò di nasconderlo. Tutte problematiche che questi lavoratori hanno avuto la forza di denunciare e che sta portando all’introduzione di nuove regole nei cantieri, penso al Durc di congruità, al settimanale di cantiere e al badge elettronico. È urgentissimo che queste regole possano essere portate a regime quanto prima in quello che sarà il cantiere della ricostruzione più grande d’Europa».

Secondo l’avvocato Claudio Pettinari, che assiste le parti civili, gli imputati rischiano «da uno a sei anni, ma nel caso in cui fosse riconosciuta l’aggravante, perché nel caso sono coinvolti più di tre lavoratori, si può arrivare a una pena massima di 8-9 anni. Gli articoli del codice penale che hanno portato al rinvio a giudizio sono il 603 bis, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il 593 sull’omissione di soccorso, il 610 sulla violenza privata e l’articolo 21 della legge 646 sul subapplato illecito. Va sottolineato il grande sforzo del sindacato – ha aggiunto l’avvocato – perché in questa situazione di profonda illegalità è molto più difficile fare accertamenti, anche per lo Stato, la procura, lo polizia giudiziaria. In più, essendo coinvolti lavoratori stranieri, che spesso non sapevano nemmeno dove si trovavano, tutto è ancora più difficile».

Nel corso del processo, tramite i propri legali, gli imputati potranno indicare testimoni e produrre documenti per dimostrare il loro buon operato.