MACERATA – «La settimana scorsa ho presentato un esposto alla Guardia di Finanza di Fabriano per chiedere un controllo sulle mascherine Ffp2 2163, a seguito di una riunione del gruppo Marche e salute e di alcune notizie apparse sulla stampa da cui è emerso il fatto che questi dispositivi non fossero a norma. Così, per tutelare sia chi indossa queste mascherine, sia chi le rivende, ho chiesto di verificare la conformità di questi prodotti».
Proprio a seguito di questo esposto il senatore fabrianese Sergio Romagnoli (Movimento 5 Stelle) è entrato in contatto con l’azienda Gema Group di Montecassiano che vende questo tipo di mascherine che, però, ha potuto dimostrare come non tutte quelle certificate con il codice 2163 fossero da buttare, ma anzi più sicure di molte altre.
«Noi ci mettiamo la faccia in questi facciali filtranti – ha spiegato Luca Bartoli, Ceo dell’azienda maceratese – per cui vorremmo far capire che non basta identificare solo il codice per dire che il dispositivo non sia adatto. La nostra azienda è da oltre 30 anni che lavoriamo con questi prodotti, per cui pensiamo di poter vantare quantomeno una competenza nel leggere i documenti che ci arrivano. Quando ci sono arrivati questi dispositivi di protezione individuale abbiamo provveduto a una serie di accertamenti, prima con i documenti che ci venivano forniti dai nostri fornitori, poi ci siamo rivolti all’ente certificatore (la Universal) chiedendo se avevano fatto il test sul codice 2163. E ci hanno comunicato che quel prodotto è stato correttamente certificato. Ma quello che ci è stato segnalato è che non tutte le aziende che producono mascherine, durante il processo produttivo, mantengono intatto il tipo di processo, come durante il test prova. Noi ci siamo accertati ulteriormente, tanto che il nostro fornitore ha effettuato controlli non solo test prova, ma anche durante il processo produttivo».
Il “caso nazionale” generato attorno alle mascherine 2163, anche a seguito di diverse trasmissione televisive, però, ha comportato anche per l’azienda di Montecassiano una serie infinita di telefonate di disdetta degli ordini, ma anche di clienti preoccupati che le mascherine acquistate non fossero conformi. «Abbiamo ancora 150mila mascherine in casa che, invece, avremmo dovuto vendere entro marzo – conclude Bartoli -. La nostra azienda può mettere a disposizione tutte le certificazioni e i controlli effettuati, per cui oggi siamo qui per dire che non ci piace che ci sia stata una demonizzazione su un codice, perché questo significa mettere in discussione e in difficoltà aziende che operano in modo serio e da anni in un settore che conoscono bene e fondamentale per la salute».
«Questo è l’atteggiamento corretto, il 2163 è una certificazione attribuita da un ente turco, ma bisogna controllare che tutti rispettino le normative proprio come fatto in questa azienda – conclude il senatore Romagnoli -. Le istituzioni devono fare da tramite e da supporto verso i cittadini per tutte queste aziende che rispettano le regole, mentre da parte delle aziende bisogna agire con questa serietà e rispetto delle norme per cui bisogna sempre distinguere tra chi rispetta le regole e segue tutti i protocolli e chi, invece, non sempre lo fa».