TOLENTINO – Per il gip è applicabile la tenuità del fatto e archivia il procedimento per diffamazione a carico dell’ex assessore e candidata sindaco alle ultime elezioni comunali, Silvia Luconi. L’avvocato dell’ex sindaco Luciano Ruffini, il legale Vando Scheggia: «Questa formula lascia aperta la porta a un’azione civile per il risarcimento del danno che credo proprio a Ruffini non interessi. La querela non è stata fatta né per mandare in galera la Luconi né per fare una transazione da un milione – ha proseguito sarcasticamente l’avvocato –, ma è stata fatta per mettere fine a dichiarazioni false sul suo conto».
Lo scontro, sfociato in una denuncia da parte dell’ex primo cittadino di Tolentino, era avvenuto lo scorso anno durante un’accesa campagna elettorale per scegliere la nuova squadra che avrebbe guidato il Comune. Tre sono stati i candidati sindaco: Luconi per il centrodestra, Massimo D’Este per il centrosinistra e Mauro Sclavi, sostenuto da tre liste civiche, che ha poi vinto al ballottaggio contro Luconi. Nel corso della compagna elettorale la candidata sindaco «intervenendo più volte – ha ricordato oggi l’avvocato Scheggia – pensò bene di tirare in ballo l’ex sindaco Ruffini, in carica dal 2002 al 2012, individuandolo non si sa bene per quale motivo come controparte, pur non essendo lui candidato a nulla ed essendosi dedicato al volontariato una volta smesse le vesti di sindaco (è presidente del Sermit, ndr) e dunque non facendo parte dell’agone politico».
In sostanza Luconi avrebbe accusato Ruffini di non aver chiuso durante il suo mandato una controversia col Comune che lo vedeva coinvolto come privato, facendo aumentare gli interessi che il Comune aveva poi dovuto versare. La controversia riguardava un esproprio avvenuto 41 anni fa (era il 1982) di circa due ettari di terreno di proprietà del padre di Ruffini dietro l’ospedale, dove ora sorgono il tempio dello Spirito Santo, l’Agenzia delle entrate e altri immobili oltre a un parcheggio. La cessione bonaria fatta con clausole salvo conguaglio fece maturare un contenzioso tra gli eredi del padre dell’ex sindaco nel frattempo venuto a mancare e il Comune: i primi chiedevano il pagamento del credito maturato, il secondo sosteneva che quel diritto fosse nel frattempo prescritto. La questione fu quindi portata in Tribunale, ma ci vollero anni per stabilire chi avesse ragione e il quantum da versare. Dal Tribunale di Macerata, infatti, il caso finì alla Corte di Appello di Ancona per poi andare in Cassazione e tornare alla Corte d’Appello di Ancona. Nel 2013 i giudici dorici stabilirono che gli eredi Ruffini avevano diritto ad ottenere dal Comune la somma di 1,5 milioni di euro.
«Si sarebbe potuti tornare in Cassazione – ha spiegato oggi Ruffini – ma alla fine, dopo tutto quel tempo decidemmo di transare (all’epoca il Comune era amministrato da Giuseppe Pezzanesi e Luconi era assessore al Bilancio) ottenendo 900.000 euro e rinunciando a 600.000 euro. In campagna elettorale Luconi disse che quella era stata la mia “buonuscita”. Era un mio diritto oggettivo riconosciuto, quale buonuscita?». Lo stesso gip nel dispositivo riporta le dichiarazioni di Luconi (“Poteva essere chiusa molto prima, questo avrebbe permesso di destinare quei soldi, un milione circa, ad opere pubbliche utili alla città”) evidenziando che «non è conforme al vero nella parte in cui si afferma che una condotta del Ruffini più sollecita del pubblico interesse avrebbe fatto risparmiare alla collettività circa un milione di euro. Fatto evidentemente impossibile dato che la transazione si è chiusa a 900.000 euro talché perché il Comune risparmiasse un milione i Ruffini non avrebbero dovuto ricevere nulla».
«Secondo la Luconi – ha aggiunto Scheggia –, Ruffini avrebbe dovuto fare degli accordi prima, ovvero quando lui era sindaco, quindi avrebbe dovuto fare accordi con se stesso. Insomma contesta a Ruffini di non aver fatto un abuso d’ufficio». Dopo la denuncia per diffamazione il pubblico ministero Enrico Barbieri ha chiesto l’archiviazione, Ruffini tramite il legale Scheggia ha presentato opposizione e dopo la discussione, il gip Giovanni Manzoni, pur ritenendo l’asserzione di Luconi diffamatoria, considerando la “limitata portata offensiva delle dichiarazioni dell’indagata, il contesto nelle quali sono state pronunciate, l’incensuratezza della Luconi” ha archiviato il procedimento a suo carico per tenuità del fatto. Nel procedimento Luconi era difesa dall’avvocato Luciano Pacioni.