CAMERINO – La drammatica perdita di biodiversità a livello globale interessa molte specie di piante, uccelli, pesci, mammiferi, invertebrati. Il trend generale può però “nascondere” riduzioni ancor più critiche o tendenze opposte, che richiederebbero interventi differenziati.
Comprendere questi aspetti richiede decenni di osservazioni su un gran numero di siti in diverse regioni biogeografiche, come è stato per lo studio dei ricercatori della Rete di Ricerche Ecologiche a Lungo Termine (LTER) pubblicato sulla rivista Nature Communications dal titolo “Meta-analysis of multidecadal biodiversity trends in Europe”.
Al lavoro, che è considerato il più completo del genere e che integra dati su 6.000 specie da 160 serie storiche (15 – 90 anni) in sistemi terrestri, marini e d’acqua dolce, ha contribuito anche il prof. Roberto Canullo della Scuola di Bioscienze e Medicina veterinaria, grazie all’esperienza ventennale del gruppo di ricerca Unicam sul monitoraggio della biodiversità vegetale delle foreste.
I risultati descrivono una situazione molto complessa ed eterogenea per il continente Europeo: in alcune zone aumenta il numero di specie o loro abbondanza in rapporto all’innalzamento delle temperature (cambiamento climatico), ma dovuto anche alla maggior naturalità di alcuni biomi; nelle ecoregioni Centro-Orientali (che includono l’Italia fino al Molise) che non presentano riduzione della biodiversità, si verifica invece una graduale sostituzione delle specie specializzate da parte di quelle banali o invasive. Le comunità vegetali risentono maggiormente di questo problema.
Uccelli e invertebrati acquatici mostrano una inattesa tendenza al recupero, mentre gli insetti sono il gruppo più a rischio di declino.
«Lo studio – sottolinea il prof. Canullo – dimostra che gli effettivi cambiamenti della biodiversità a scala regionale e locale sono di natura complessa e di difficile generalizzazione. In alcune aree i caratteri distintivi dei sistemi naturali o semi-naturali potrebbero attenuarsi e scomparire (omogeneizzazione, perdita di identità, ingresso di specie estranee) rischiando di compromettere la resilienza dei sistemi naturali e la loro capacità di durare nel tempo».
«I risultati ottenuti – prosegue il prof. Canullo – dimostrano quanto siano preziosi i programmi di ricerca e monitoraggio a lungo termine, minacciati dalla breve portata temporale dei finanziamenti alla ricerca. Da questo punto di vista, un passo importante è rappresentato dall’iniziativa EU lanciata nel 2018 per costruire una infrastruttura a lungo termine per ricerche negli ecosistemi (eLTER-RI) ed anche il nostro Ateneo introduce nella formazione questa prospettiva, come nel nuovo corso di laurea triennale in “Ambiente e gestione sostenibile delle risorse naturali” e nella laurea magistrale in “Biological Sciences”».