Macerata

Macerata, violentò una paziente di psichiatria: infermiere finisce a processo. Asur parte civile

I fatti risalgono al luglio del 2018 e sarebbero avvenuti all'interno del reparto dell'ospedale di Macerata. Per la difesa i rapporti sarebbero stati consensuali

MACERATA – Abusò di una paziente ricoverata nel reparto di Psichiatria, approfittando delle sue condizioni di inferiorità psichica. Infermiere finisce a processo.

Lo ha deciso oggi pomeriggio il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Macerata Giovanni Maria Manzoni che ha rigettato la richiesta di rito abbreviato condizionato avanzata dai legali della difesa e ha disposto il rinvio a giudizio. Nel processo si è costituita parte civile anche l’Asur, ritenendo di aver subito un danno di immagine.

La vicenda risale all’estate del 2018. All’epoca l’imputato aveva 46 anni e lavorava come infermiere all’ospedale di Macerata. Secondo la ricostruzione effettuata dalla procura – le indagini sono state coordinate dal procuratore capo Giovanni Giorgio –, l’infermiere avrebbe abusato delle condizioni di inferiorità psichiche di una giovane paziente affetta da psicosi cronica, per indurla a compiere e subire atti sessuali e a subire rapporti sessuali completi. In particolare gli episodi sarebbero stati due, entrambi avvenuti di notte.

Il primo si sarebbe verificato nella notte a cavallo tra il 6 e il 7 luglio, l’infermiere avrebbe indotto la giovane a seguirlo in una stanza vuota del reparto di Psichiatria dove avrebbero compiuto atti sessuali; il secondo episodio sarebbe avvenuto nella notte a cavallo tra il 10 e l’11 luglio quando il 46enne aveva portato la paziente nello spogliatoio degli infermieri dove aveva precedentemente posizionato un materasso e lì l’avrebbe costretta a subire i rapporti sessuali per circa un’ora.
Nel frattempo sarebbe risultato al lavoro: dal proprio badge infatti emergeva che era sempre stato in servizio durante l’orario notturno. Per questi episodi l’uomo è accusato di violenza sessuale aggravata, ma la procura – oggi in aula ha sostenuto l’accusa il sostituto procuratore Vincenzo Carusi – contesta all’imputato anche i reati di falso in atto pubblico e peculato.

Il falso perché avrebbe attestato sulla cartella clinica della paziente di averle somministrato due farmaci che avevano come effetti collaterali sonnolenza, nausea e vomito, alle 21 del 10 luglio, invece, da quanto accertato, l’infermiere le avrebbe somministrato i farmaci a mezzanotte, ovvero solo dopo aver consumato il rapporto sessuale.
L’accusa di peculato, invece, è scattata dopo il rinvenimento in due armadietti di cui aveva l’uso esclusivo, di farmaci dell’ospedale di cui si sarebbe appropriato per uso personale: dal gentalyn all’haldol allo spidifen. Dopo questi fatti l’infermiere venne licenziato dal direttore dell’Area vasta 3, Alessandro Maccioni.

Gli avvocati della difesa Tiziano Luzi e Gian Vittorio Galeota


Oggi gli avvocati della difesa, i legali Tiziano Luzi e Gian Vittorio Galeota, hanno chiesto di procedere con rito abbreviato condizionato a una perizia sulla persona offesa per accertare la capacità di esprimere un consenso al momento dei fatti e all’esame del consulente di parte.
Secondo lo psichiatra della difesa, Francesco Sergi, infatti, non ci sarebbero elementi per dire che la giovane ricoverata non avesse potuto esprimere un consenso valido. «Ormai era in equilibrio – spiegano gli avvocati Luzi e Galeota –. Il primario aveva disposto le dimissioni della giovane per il 10 luglio, ma lei aveva chiesto di restare un giorno in più. Tra l’altro dai messaggi che si erano scambiati si capisce che per quella sera si erano già accordati di vedersi. Comunque, vista la delicatezza dell’argomento, siamo convinti che occorra una perizia di un giudice. Riproporremo la richiesta in dibattimento».

L’avvocato della giovane, Francesco Copponi






Il gup, infatti, ha rigettato la richiesta e rinviato a giudizio l’imputato. «È quello che ci aspettavamo – ha commentato l’avvocato Francesco Copponi, parte civile per la giovane –. Adesso aspettiamo fiduciosamente il dibattimento per accertare questo gravissimo reato. Le violenze sessuali sono avvenute anche giorni prima della dimissione dall’ospedale, chi viene ricoverato in Psichiatria ha diritto alla protezione in quell’ambiente. Oltretutto il consulente della procura, lo psichiatra Marco Ricci Messori, nella sua valutazione ha espressamente chiarito che la paziente era in una condizione di inferiorità psichica assoluta, nota e riconoscibile all’infermiere che aveva raccolto per primo le informazioni cliniche, osservato e compilato la cartella clinica e che conosceva sia il tipo di farmaci antipsicotici assunti dalla paziente, sia gli effetti che si potevano ottenere variandone tempi e somministrazione».

Gianfranco Borgani, avvocato dell’Asur

L’avvocato Copponi nella scorsa udienza aveva chiesto e ottenuto la chiamata in causa dell’Asur come responsabile civile per il risarcimento dei danni collegabili ai reati contestati all’imputato. Oggi l’Asur, tramite l’avvocato Gianfranco Borgani, è intervenuta in giudizio come responsabile civile ma, contestualmente, si è costituita parte civile nei confronti dell’imputato ritenendo di aver subito un danno di immagine.