Stavo leggendo uno dei tre libri che ho comprato i primi di marzo, quando già immaginavo che sarei dovuta stare in quarantena, e sono rimasta colpita da una bellissima frase. Il libro di cui parlo è un romanzo ambientato in un West moderno, “Ruvide bestie” della giovane scrittrice americana Rae DelBianco: paesaggi desolati, personaggi sopravvissuti, relazioni disumane, violenze rassegnate. In un passaggio preciso, la sorella del protagonista spara nel bosco con una pistola ma inconsciamente pensa di stare usando il fucile. Tutto il suo corpo si prepara per assorbire un contraccolpo che poi non c’è stato e questo scarto tra le due diverse tensioni del suo braccio, quella reale e quella che il suo corpo aveva preparato, rimane nella sua “memoria muscolare”.
Mi colpisce molto questa espressione che trovo formidabile e mi ritrovo a pensare alla mia di memoria muscolare. Mi chiedo anche se li abbia ancora i muscoli ma soprattutto mi soffermo sul concetto di memoria, quella che conserveremo di questi tempi bui e incerti.
Chissà se faremo di tutto per dimenticare le vite sospese e quelle perdute o se non ci riusciremo mai, se ricordermo di più chi ha parlato saggiamente o chi lo ha fatto in malafede, chi ha agito per il bene o chi è stato incapace, chi ha rispettato le regole o chi le ha derise.
Quanto di vita, soldi, umanità, relazioni, lavoro resterà schiacciato sotto le macerie? Domanda difficile e triste. Meglio pensare a recuperare la memoria dei muscoli o, in alternativa, continuare a leggere.
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