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Caso Tari a Osimo, parla l’Astea

Il direttore generale di Astea Massimiliano Belli fa chiarezza sul caos Tari divampato in città dopo l'arrivo di decine di cartelle di accertamento agli imprenditori

Cassonetti raccolta differenziata rifiuti

OSIMO – «Non sono cartelle pazze, errori Astea, ma accertamenti per interpretazioni normative differenti su Tia, Tares e Tari per quanto riguarda le aree da conteggiare. In certi casi è stata diversa l’interpretazione dell’area con il cambiamento negli anni del tributo, in altri l’utente ha dichiarato metri quadrati diversi sui cui va conteggiata la Tari. Su 800 aziende controllate comunque, oltre 500 erano perfettamente in regola». Il direttore generale di Astea Massimiliano Belli fa chiarezza sul caos Tari e le cartelle anche di migliaia di euro arrivate a 266 aziende osimane per gli accertamenti sulla tassa rifiuti. Non si tratterebbe infatti di evasione ma una dichiarazione non congrua dei metri quadrati su cui si è proceduto con il calcolo delle bollette.
Sul tema lunedì 18 dicembre a Osimo c’è stato un altro Consiglio comunale movimentato: «La maggioranza non ha avuto il coraggio di affrontare la questione della maxi stangata inflitta alle piccole e medie imprese osimane a causa degli accertamenti Tari e hanno inventato la solita balzana della questione pregiudiziale», affermano i consiglieri delle Liste civiche che avevano presentato un ordine del giorno in merito.

Da un’indagine della Cna nazionale, Osimo si pone 31esima nella graduatoria nazionale come pressione fiscale con un total tax rate del 58,4 per cento. Rispetto al 2016 la città è leggermente peggiorata, facendo registrare un più 0,3 per cento. «Un risultato non negativo ma spesso vanificato da una gestione discutibile che aggrava costi e impegno degli imprenditori. I numeri però spesso non sono sufficienti, se infatti andiamo ad analizzare i dati ci dicono che la Tari ha avuto un aumento esponenziale con un importo che è fisso dal 2015 – dichiara Luigi Giambartolomei, coordinatore della Cna di Osimo – Non solo: dobbiamo anche considerare il tempo che un imprenditore o chi per lui passa negli uffici a richiedere informazioni per pagare le imposte e per il loro calcolo. L’esempio della Tari di Osimo è chiaro, sono giorni che gli uffici comunali e di Astea ricevono imprenditori e loro collaboratori per chiarire le cartelle, tempo che si trasforma in denaro e che incide nei costi. Non basta avere una pressione fiscale più bassa degli altri Comuni, occorre anche creare le condizioni per far sì che il pagamento delle tasse sia certo e soprattutto non aggravi di ulteriori costi le imprese».