ANCONA – La casa da ristrutturare oppure l’automobile da comprare. Con queste scuse si presentavano in banca a chiedere prestiti, presentando buste paga e dichiarazioni di redditi risultate poi false. Finanziamenti fino a 15mila euro poi mai saldati. Con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alle truffe, anche tentate, in nove andranno adesso a processo. La prima udienza è fissata per il 13 ottobre prossimo, al collegio penale. Imputate tutte persone residenti per lo più a Castelfidardo, tra i 25 e i 65 anni. Tra loro anche dei campani e due soggetti residenti nel pesarese.
A rinviare a giudizio il gruppetto, tutti parenti e amici tra loro, è stata la gup Francesca De Palma nell’ambito di una inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Ruggiero Dicuonzo. Il periodo di riferimento va da marzo 2017 fino a luglio del 2018. L’organizzatore sarebbe stato un 31enne napoletano, residente a Castelfidardo, che avrebbe tenuto i contatti con tutti gli altri. Insieme ad un 53enne di Fermignano aveva acquistato un computer è una stampante per fare la documentazione fittizia per far avere, a chi andava in banca a chiedere i finanziamenti, le garanzie giuste per ottenere il prestito. Due degli imputati avrebbero messo a disposizione i dati fiscali delle attività di cui erano amministratori delegati, un negozio di moda di Fermignano e un parrucchiere di Urbino, che servivano per creare finte buste paga e finte dichiarazioni di redditi di coloro che andavano poi agli sportelli bancari a presentare richiesta di prestito. Le banche vedevano che il cliente lavorava e poteva quindi pagare il prestito, richieste che andavano da 6mila a 15mila euro. In quattro occasioni le banche, del circuito San Paolo Intesa (di Castelfidardo, Urbino e Montefelcino) e Bper (di Pesaro), hanno elargito il finanziamento poi rimasto insoluto mentre in altre tre occasioni le banche (sempre del San Paolo ma con sedi ad Osimo e Castelfidardo) non hanno concesso il finanziamento richiesto con la stessa modalità. Qualcosa non stava già tornando e avevano attivato i carabinieri per indagare.