Attualità

Ciao Miki, vola alto lassù

Un grande campione, sempre sorridente, disponibile con tutti. Ma con l'umiltà del gregario, quello che fa due pedalate in più per sospingere il compagno di squadra e una in meno a pochi metri dal traguardo. Il ricordo di Silvia Santarelli

Michele Scarponi e l'amico Roberto Mancini

Sono sicura che Michele se n’è andato sorridendo. Perché è in sella alla sua bicicletta che si è sempre sentito libero. La sua vita è finita prima dell’ultima scalata: erano le 8.08 quando i medici hanno constatato il suo decesso. Venti minuti dopo, un amico mi ha comunicato la tragica notizia. Per un attimo il mio mondo si è fermato, proprio come tredici anni fa, quando se n’è andato Marco. Due ciclisti uniti da un tragico destino: una vita finita troppo presto. Nelle orecchie ancora le grida dei soccorritori, la gente in strada, ho capito che a fermarsi non è stato solo il mio mondo ma anche quello di chi Michele lo conosceva o semplicemente tifava per lui. Un velo di timidezza dietro il suo sorriso e poi quella battuta sempre pronta, anche quando le cose non andavano bene. La sua capacità di entrare nella vita delle persone che per un motivo o per un altro venivano a contatto con lui, la sua capacità di aiutare la vita delle persone, quelle meno fortunate. Sono passati otto anni da quel pomeriggio d’inizio estate, quando ho chiamato Michele per chiedergli se ci dava la sua maglia per un’asta di beneficenza. Ha subito detto si, ma io questo lo sapevo. Era a Filottrano, mi è venuto incontro fino a Jesi ed ha portato con se anche una maglia per mio padre, ciclista amatoriale e suo grande tifoso. Poi come al solito, ci siamo messi a scherzare, mi sono dimenticata di fotografarlo mentre firmava la maglia. Quella foto sarebbe servita per il giornale, l’avevo già garantita. Ho richiamato Michele mentre ero ancora in macchina, lui era già a casa e dopo pochi minuti mi ha girato dal cellulare una foto mentre firmava una sua maglia. Lui era così: un fisico apparentemente gracile ed un cuore grande, grandissimo. Ma a renderlo completo c’era anche un velo di pazzia, quella che gli permetteva di scattare in salita anche quando era stanco, di provare a raggiungere il traguardo nonostante tutto e tutti. E poi il suo amore per Anna e i piccolini. Se li penso oggi il mio cuore si stringe fino a scomparire. Mi sforzo di pensare che Michele se n’è andato con il sorriso, alzando le braccia verso il cielo in senso di vittoria, durante l’ultima discesa della sua vita: quella che lo ha portato alla salita verso il cielo.