OSIMO – A metà agosto era stato arrestato, per maltrattamenti nei confronti della moglie e dei figli minori, dai poliziotti del Commissariato di Osimo che, in applicazione delle nuove norme sul “codice rosso”, avevano raccolto la denuncia della giovane moglie straniera. A causa di quell’arresto, il gip ha sottoposto il giovane albanese alla misura cautelare degli arresti domiciliari mediante il controllo del braccialetto elettronico, da scontare nel proprio appartamento di Osimo.
Nonostante la misura, l’uomo, presentando domanda al gip è riuscito a ottenere, all’inizio del mese di settembre, il permesso di assentarsi dal domicilio tutti i giorni, dalle 07 alle 19, con la relativa disattivazione del braccialetto, motivando la propria richiesta con la necessità di andare a lavorare, sostenendo di doversi presentare quotidianamente presso i cantieri navali di Ancona dove, a suo dire, lavorava per conto di un terzista della Fincantieri.
Grazie alle accurate indagini degli uomini del Commissariato di Pubblica sicurezza di Osimo è stato accertato che, contrariamente a quanto dichiarato all’autorità giudiziaria nella propria richiesta, l’uomo era stato licenziato dal proprio datore di lavoro alla fine di agosto e non si era mai più presentato, da quella data, ai cantieri navali di Ancona. L’autorità giudiziaria ha ripristinato subito, nei giorni scorsi, la misura cautelare degli arresti domiciliari, revocando il permesso per lavoro.
È al vaglio degli inquirenti una possibile denuncia per le false dichiarazioni fornite dal soggetto ai giudici, oltre che una verifica sulle reali attività svolte dall’uomo durante i permessi fruiti nei giorni scorsi.
Sulla notizia riceviamo e pubblichiamo la richiesta di rettifica da parte dell’avvocato Nicola Cagia:
«Si specifica (e si chiarisce) che il mio assistito, se pur autorizzato a svolgere attività lavorativa dalla competente A.G., non poteva allontanarsi dalla propria abitazione senza incorrere in una grave violazione in quanto, lo stesso, sapeva di non poter ancora svolgere attività lavorativa in forza di quanto espressamente convenuto con il proprio datore di lavoro e, in particolare, di “riprendere” ex novo tale lavoro a decorrere dal corrente mese di ottobre. Appare inoltre doveroso precisare che l’A.G. (e con essa anche le locali FF.OO.) era già al corrente dell’annullamento dell’assunzione del mio assistito quando emetteva il summenzionato “provvedimento autorizzativo” del 6 settembre 2019, in quanto la “missiva” con cui il datore di lavoro del mio assistito comunicava formalmente allo stesso l’annullamento della propria assunzione era datata 23 agosto 2019 e, pertanto, quest’ultima veniva correttamente allegata (e chiaramente citata) da questa difesa già nella (prima) istanza difensiva volta a chiedere l’autorizzazione all’espletamento di attività lavorativa, che veniva depositata in data 29 agosto 2019.
Non appare pertanto essere corretto quanto da voi scritto ed indicato nel sopracitato articolo (compreso lo stesso titolo) in cui si ha modo di leggere ed interpretare erroneamente una “presunta” volontà del mio assistito di aver “taciuto” alla A.G. il proprio “licenziamento” per chi sa quali fini.
Inoltre, si precisa che il mio assistito, se pur autorizzato a svolgere attività lavorativa come correttamente da voi pubblicato, non poteva allontanarsi dalla propria abitazione senza incorrere in una grave violazione, sapendo perfettamente lo stesso di non poter ancora svolgere attività lavorativa prima di avere una espressa conferma in tal senso da parte del proprio datore di lavoro: ad oggi, non ancora pervenuta.
Si conferma invece che lo stesso veniva raggiunto da successivo provvedimento di “revoca” dell’autorizzazione a svolgere attività lavorativa, ma non perché “sorpreso” quest’ultimo in altre condotte, bensì a seguito di una accertata non fruizione di tale “autorizzazione” e, conseguentemente, una mai ripresa attività lavorativa: il mio cliente stava attendendo la formale riassunzione da parte del proprio datore.
Infine e per maggiore chiarezza, si specifica che con istanza difensiva del 26 settembre, questa difesa portava in ogni caso a conoscenza la preposta A.G. della mancata fruizione di tale attività lavorativa e della ripresa della medesima solo a decorrere dal successivo mese di ottobre indicando espressamente l’accordo intercorso tra il diretto interessato e il di lui datore di lavoro. Ciononostante, seguiva contestuale provvedimento di revoca della sopracitata “autorizzazione” con provvedimento di pari data».