Attualità

Montanini scuote La Fenice. Uno show senza censure

L'artista di Fermo, dal palco del teatro di Osimo, a tutto campo, attacca papa Bergoglio e spara a zero sugli italiani: «Siamo dei kapò comprati da un piatto di lenticchie»

OSIMO – Non è la comicità a cui siamo abituati. Non è neanche semplicemente satira. Lo spettacolo di Giorgio Montanini è uno sguardo crudo e senza filtri sulla nostra società e su tutte le sue contraddizioni.

L’artista di Fermo sale sul palco del Teatro La Fenice, quasi “sold out”, e rapisce la platea osimana per un’ora e mezza con la sua dialettica tagliente e senza pause. Si tratta dell’anteprima di uno show che lo porterà in tournèe per tutto il 2018, un work in progress che già sembra piuttosto collaudato. Ci sono tutti i punti di forza del “Nemico pubblico” nazionale: la provocazione, la denigrazione dei potenti, il politicamente scorretto.

Giorgio Montanini è divisivo, disturbante, estremo ed estremista per sua stessa definizione, scelta che difende e di cui rivendica il diritto, contro chi ci vorrebbe ridurre all’equidistanza. Ironizza su papa Bergoglio (“un fantoccio, un politico che con Dio non c’entra niente…ha forse sciolto lo IOR? Ha detto di voler far pagare l’IMU alla Chiesa?”).

Fa le pulci alla politica senza sbeffeggiare direttamente i politici, un bersaglio forse troppo facile e scontato. Piuttosto se la prende con i vizi e i vezzi della gente comune, strumentalizzata e manipolata senza rendersene conto. Parla della paura, «un sentimento ancestrale – spiega- che se somministrato ad arte fa perdere la capacità di ragionare e permette di controllare i popoli». Se la prende apertamente con i mali della società capitalistica, che «offre cose in sostituzione dell’affettività», e così anche il cibo secondo Montanini ha finito per svolgere una funzione diversa da quella originaria, «mangiamo più di quello che ci serve – dice – per compensare un buco emotivo, come fosse una droga».

Montanini mette in discussione tante certezze e luoghi comuni, ci invita a riflettere su come sia fittizio e convenzionale il confine tra pazzia e normalità, ci apre gli occhi su una guerra dei poveri che indica l’immigrazione come piaga sociale e tace sulle disuguaglianze di una società che negli anni ha spostato la ricchezza dal reddito da lavoro a quello da capitale. «Siamo dei kapò – spiega – comprati da un piatto di lenticchie, ammaliati da un capitalismo di cui raccogliamo solo le briciole».

Questo è Giorgio Montanini, un’ora e mezza senza interruzioni in cui si ride e ci si interroga, mai a cuor leggero. Genio e sregolatezza, un idolo per alcuni, un nemico pubblico per tutti gli altri.