OSIMO – E’ una lettera fiume quella che ha scritto Daniele Maiorano, fratello di Ilaria, 41 anni, morta nella sua abitazione di via Montefanese a Osimo l’11 ottobre scorso con segni di percosse su tutto il corpo. L’udienza davanti al gip ha convalidato il fermo per il marito, Tarik El Ghaddassi, 42 anni, marocchino, per gravi indizi di colpevolezza. L’uomo ha sempre detto che Ilaria avrebbe fatto tutto da sola, sarebbe caduta dalle scale della loro abitazione ma non è quello che risulta dall’autopsia. L’uomo si trova tuttora in carcere a Montacuto in isolamento. Dietro la loro relazione ci sarebbe stata una storia di violenza.
«Dicono che l’abbiamo abbandonata a se stessa la nostra Ilaria, ma non è vero. Girano voci che certe persone, sia di Osimo che frazioni, stiano sparlando ancora, a due mesi e mezzo dalla sua morte. Se non la smettono cominceranno a partire le denunce. Io e mia madre siamo stanchi e ci sentiamo offesi come famiglia. Tutto quello che ci è successo è un dolore troppo grande che non auguriamo a nessuno – ha scritto Daniele -. Era lei che veniva a cena a casa nostra una volta alla settimana per almeno un’ora, la chiamavo due volte al giorno. A casa sua non ci potevamo andare, lui ce lo impediva, e non ci raccontava mai niente. Tutto quello che c’era da sapere l’abbiamo saputo solo dai giornali. Poi dicono che prendeva le botte anche da mio padre quando era piccola ma come fanno a dirlo? Vivevano a casa nostra? Così infangano la memoria anche di mio padre che è morto nel 2007, che lo lascino riposare in pace. Prima di parlare di certe cose delicate è meglio che si informino. Quel che dicono non è vero».
Le figlie della coppia, cinque e otto anni, sono state collocate provvisoriamente in una casa famiglia. Le istituzioni troveranno presto una soluzione definitiva per le sorelline che hanno perso la mamma. «Non abbiamo potuto vederle per Natale, un altro strazio che si è aggiunto allo strazio enorme che viviamo. Abbiamo saputo da fonti ufficiose che è stato chiesto l’incidente probatorio. Le bambine parlano con gli psicologi e sono in grado di raccontare cosa subivano sia loro che la mamma».