Pesaro

2035: stop auto a benzina, sì all’elettrico. Ma sarà svolta green? Intervista al professor Amodio

La svolta epocale che ci prepariamo a vivere presenta ancora molte domande senza risposta: cerchiamo di capire il reale impatto, ecologico ed economico, che questo cambiamento comporterà

2035, stop alle auto a benzina e diesel (fonte foto https://www.missionline.it/)
2035, stop alle auto a benzina e diesel (fonte foto https://www.missionline.it/)

Il 1° gennaio 2035 sancirà una svolta epocale come pochi precedenti nella storia recente umana. In questa data infatti le fabbriche di tutto il mondo, salvo delle sparute eccezioni, smetteranno di costruire auto con motori a combustione interna. Va detto che la notizia, rilanciata circa una settimana fa dopo l’annuncio del Parlamento europeo dell’approvazione in via definitiva della svolta elettrica, non è esattamente un fulmine a ciel sereno: si è trattato infatti di un voto in seconda lettura in quanto le basi per questa svolta epocale erano state messe più di un anno fa.

Con l’ultimo voto a Strasburgo ora l’Europa ha scelto di mettere definitivamente al bando a partire dal 2035 la vendita di nuovi veicoli leggeri a motore termico. Un passo, parte del maxi-pacchetto per il Clima ‘Fit for 55’, sulla via per portare il Vecchio Continente alle emissioni zero nel 2050, licenziato non senza polemiche dagli eurodeputati in sessione plenaria con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astensioni. Il testo prevede di ridurre del 100% le emissioni di auto e furgoni nuovi che emettono CO2 nel 2035.

Tradotto: i veicoli leggeri con motore a combustione, alimentati a benzina e diesel, non potranno più essere immatricolati. Un cambiamento epocale che prevede delle tappe intermedie ed un attento monitoraggio: entro il 2030 i costruttori dovranno ridurre del 55% le emissioni delle nuove auto immesse, mentre Bruxelles presenterà entro il 2025 una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di Co2 durante tutto il ciclo di vita delle auto e dei furgoni venduti sul mercato continentale. Ogni due anni la Commissione europea pubblicherà una relazione per evidenziare i progressi compiuti nell’ambito della mobilità a zero emissioni. Nel 2026 sarà valutata anche la possibilità di mantenere motori ibridi.

Via libera alla possibilità per i produttori di nicchia (meno di 10mila auto l’anno, o meno di 22mila furgoni all’anno) di continuare a vendere i loro veicoli con i tradizionali motori termici fino al termine del 2035: avranno così un anno in più di tempo per adeguarsi. Un’eccezione cara all’Italia perché tutela le case delle auto di lusso della Motor Valley, come Ferrari, Maserati e Lamborghini. Per chi invece produce meno di mille veicoli l’anno è prevista un’esenzione totale dalle nuove disposizioni Ue.

Il docente universitario Dario Amodio

Specifica importante per i veicoli usati: nel 2035 le auto alimentate in maniera tradizionale continueranno comunque a circolare, lo stop sarà rivolto esclusivamente alla vendita dei veicoli nuovi. Il 2035 sarà dunque un anno “0” della mobilità che prevedrà un avvicinamento tutt’altro che lineare. Per cercare di fare chiarezza su questa strada che ancora sembra avere non pochi angoli oscuri abbiamo chiesto un parere al professore universitario Dario Amodio, docente di Progettazione meccanica e costruzione di macchine presso l’Università Politecnica delle Marche.

Siamo di fronte ad una svolta epocale irreversibile: il motore termico sta veramente per andare in pensione?
«Sì, le case automobilistiche hanno oramai investito troppo. Diverse hanno già annunciato che non intendono investire per arrivare alla tecnologia Euro 7: oramai questa trasformazione, che è già in corso, è inevitabile».

Siamo pronti come nazione e come Europa a questa storica transizione?
«Al momento direi di no. Questo è un cambiamento che non origina dal mercato ma da esigenze di carattere ecologico: al riguardo le case automobilistiche si stanno adeguando anche se non credo stiano facendo salti di gioia: per loro questo passaggio si traduce in un esborso economico grandissimo. A sembrarmi indietro è il contesto che dovrebbe parallelamente essersi messo già in viaggio ed invece…. Mi spiego meglio: attualmente ci sono circa 40milioni di automobili in Italia; facile ipotizzare che nel 2035 non spariranno le auto a motore di punto in bianco ma ci sarà una sostituzione graduale per cui entro il 2045 possiamo dire che la maggior parte delle vetture a motore termico saranno state sostituite con quelle elettriche. L’Italia dovrà aumentare la produzione di energia elettrica di un terzo: dagli attuali 300 terawattora dovremmo arrivare almeno a 400. Ad oggi va detto che circa il 15% di questo fabbisogno l’Italia lo acquista dall’estero. Facile ipotizzare che dovremmo aumentare di molto l’energia acquistata da Francia o Svizzera con un impatto importante sui costi».

Non mancheranno i problemi di carattere logistico, correlati ai punti ricarica e alle tempistiche delle ricariche
«Questo è un secondo problema: bisognerà implementare la presenza di colonnine per la ricariche. Questo sta già avvenendo e ci fa ben sperare per una diffusione capillare sufficiente entro il prossimo decennio. Va detto però che rimangono delle incognite e delle problematiche: ci sono delle città, soprattutto quelle storiche dove di fatto oggi è impossibile portare i cavi della fibra ottica che sono grandi come un capello, pensare che debbano essere fatti passare cavi ben più grandi che portano megawatt di potenza mi sembra non poco complicato».

Da un punto di vista economico che tipo di impatto avrà questo cambio?
«Le auto elettriche costeranno di più. Le cause automobilistiche hanno investito e stanno investendo tanto per queste nuove tecnologie che poi nuove non sono; il motore elettrico non è una scoperta recente ma una tecnologia che c’è già da svariati decenni. Questo non toglie che convertire aziende e catene di montaggio è un passaggio complesso e costoso con la conseguenza diretta che il mercato delle auto si contrarrà. In tutto questo bisogna tenere conto del mercato cinese e coreano: al contrario della tecnologia che riguarda i motori elettrici, per quello che riguarda l’elettrico sono entrambi mercati molto più avanti del nostro con la conseguenza diretta di poter garantire prima automobili più performanti e meno costose rispetto ai competitor occidentali. Questo significa che, aprendo al mercato orientale, i grandi marchi europei o americani rischiano di sparire. Al riguardo la politica dovrà dare risposte concrete e veloci perché con un mercato dell’auto contratto ed una competizione così feroce si rischiano ripercussioni economiche importanti. Paradossalmente non mi preoccupano i limiti tecnici che oggi ci sono: penso alla durata delle batterie, ai tempi di ricarica…credo che in oltre dieci anni riusciremo a venirne a capo. Quelli politici ed economici saranno molto più difficili da affrontare».

Dal punto di vista ambientale l’obiettivo in prospettiva è quello di emissioni zero: è veramente così la svolta delle macchine elettriche?
«Bisogna essere chiari: le macchine zero non sono a zero emissioni. È vero che localmente non emettono Co2 ma
comunque producono polveri sottili come e più delle macchine con i motori a quattro tempi. Probabilmente di più perché freni e ruote sono i medesimi ma le macchine elettriche sono più pesanti. Poi c’è la questione della fabbricazione della batteria che ha bisogno di Litio: elemento che si trova prevalentemente in Sud America ed Africa. L’estrazione del Litio necessita di molta energia e anche di molta acqua quindi non può non avere un notevole impatto ambientale, almeno finché non cominceremo a riciclare le vecchie batterie e a recuperare il Litio da queste. Meno difficoltà per gli altri materiali come il cobalto ed il manganese. Smaltire le batterie comporta un uso abbondante di energie e soprattutto l’energia con la quale verranno alimentate le macchine dovrà essere prodotta. In Italia il 60% di energia viene fatto con fossile; non siamo messi male con le energie rinnovabili anche se non abbiamo centrali nucleari. Su scala globale, per quello che riguarda le emissioni dobbiamo tenere conto anche delle altre realtà: se la Cina sarà al vertice della produzione di auto elettriche e quindi avrà bisogno di più energie, ad oggi le loro centrali vanno per la maggior parte a carbone con conseguenze facilmente intuibili. Al netto di tutto le proiezioni ci dicono che comunque il risparmio della produzione di C02 ci sarà; nel migliore dei casi sarà del 50%, nel peggiore di circa il 40%.»

E’ mai esistita o esiste un’alternativa all’elettrico?
«Sì, usando biocarburanti oppure l’idrogeno si sarebbero salvati per il momento i motori termici: una strada intermedia che avrebbe consentito un passaggio più dolce ad avrebbe forse salvaguardato il comparto industriale del settore auto ma è una strada che l’Europa non ha mai preso seriamente in considerazione».